Pubblicata in data 19/5/2005
Badolato è un piccolo paesino della costa ionica calabrese in provincia di Catanzaro; è un antico borgo medievale situato su una collinetta che dista solo 7 km dal mare. Le sue origini sarebbero antichissime e risalirebbero al periodo compreso tra il 500 ed il 1000 a.c.
Badolato è divenuta famosa a metà anni 90 per l'idea del paese in vendita, che ha attirato i media nazionali ed internazionali, incuriositi dall'iniziativa promozionale dell'amministrazione comunale tesa all'alienazione delle numerose case abbandonate del territorio comunale.
Oggi nel borgo vivono appena 600 persone, ma in costante aumento in seguito alle famiglie provenienti da tutto il mondo. Un paese decimato nel numero dei suoi abitanti dall'invecchiamento demografico, dai trasferimenti di massa nella frazione di Badolato Marina e dall'emigrazione ha ultimamente cambiato rotta, diventando luogo di rifugio, d'accoglienza e di permanente sistemazione per un cospicuo numero di famiglie di origine kurde ivi stabilitesi dopo essere sbarcate qualche anno fa sulle spiagge di Soverato.
Il fenomeno rappresenta un esempio di solidarietà e di integrazione, che ha contribuito non solo a restituire un'esistenza dignitosa e libera a queste persone ma anche ad arrestare l'inarrestabile processo di spopolamento del paese. Incontriamo i rappresentanti dell'etnia kurda in un centro ricreativo di Badolato, durante una serata di riflessione politica e di orgoglio popolare convocata presso una struttura situata nel cuore dell'antico borgo medioevale.
"In Calabria mi sono integrato bene e mi fa piacere rendere evidente questo aspetto perché non accade la stessa cosa in altri luoghi che accolgono i rifugiati". Talip è la prima persona con cui si riesce a comunicare in italiano nel centro ricreativo; lui è tra i promotori della festa organizzata , il primo di dicembre, per l'anniversario della nascita del PKK (Partito dei lavoratori kurdi), è responsabile del partito per la Calabria, è kurdo e vive in questo centro d'accoglienza da due anni.
"Per mia fortuna, si fa per dire, -prosegue- sono sbarcato in questa Regione e sono stato dirottato in questo piccolo centro dove in poco tempo ho avuto modo di trovare una certa stabilità". "Sono dovuto andare via dal Kurdistan - dice Talip - perché nel mio Paese non c'è pace per noi kurdi; siamo discriminati, oppressi, schiacciati dalla dittatura turca che non ci dà la possibilità di esprimere la nostra identità, la nostra lingua, la nostra cultura.
"Nel frattempo, altri uomini, incuriositi dalla conversazione, fanno cerchio intorno e, lentamente, ci si accinge ad entrare in uno stanzone della scuola, utilizzata per l'occasione come luogo per la festa, dove sono esposte sui muri alcune bandiere raffiguranti l'immagine di Abdullah Ocalan, leader del PKK e simbolo della lotta di liberazione del popolo kurdo, da qualche tempo nelle mani del governo turco, ed altre con i colori nazionali del Kurdistan.
Si avvicina un uomo, con gli occhi puntati, e racconta la sua storia, grazie all'ausilio di Carmelo, che comunica con lui in lingua tedesca. "Sono arrivato in Italia due mesi fa; una volta sbarcato a Lecce è iniziato il mio peregrinare per l'Italia, sbattuto da una Questura all'altra, spesso senza toccare cibo, da Milano a Roma, fino a quando, in qualche modo, sono riuscito ad approdare qui, dove ho trovato l'umanità.
Per noi - esclama il giovane, dai tratti forti ed espressivi - è importante il rispetto che ci viene dimostrato dal popolo calabrese, lo riteniamo un segno di grande civiltà e di apertura che ci rende felici e ci dà speranza per il futuro. Io sono venuto in Italia non per rubare o per creare disordine - precisa il giovane - ; io sono qui perché nel mio Paese non posso più vivere libero".
"In Calabria -aggiunge -"so che esiste un alto tasso di disoccupati, e proprio per questo non pretendo un lavoro stabile, ma desidero solamente rispetto e solidarietà". Nella sala è presente anche il coordinatore nazionale dei comitati d'accoglienza costituiti, che tiene ad evidenziare quanto sia prioritaria la causa del popolo kurdo rispetto a qualunque altra, perfino rispetto a quella di ogni singola famiglia kurda.
"Il mio ruolo - continua il coordinatore- è di contribuire a creare via via una rete fra i comitati dislocati sul territorio nazionale, all'interno dei quali il PKK rappresenti il punto di riferimento per tutti gli uomini e le donne kurde. In sostanza, dove ci sono kurdi ci deve essere il nostro partito, che è l'unica forza esistente in grado di portare avanti e rappresentare le rivendicazioni del popolo kurdo".
Il dialogo poi viene interrotto dal minuto di silenzio in memoria delle vittime, momento al quale prendono parte con grande rispetto tutti i presenti, rotto poi da un fragoroso applauso.
Subito dopo Talip, prima di dare inizio alle danze, legge un comunicato ufficiale che parla del processo di pace, auspicato come unica via per la risoluzione della drammatica questione kurda, ed esprimendo parole di soddisfazione per i risultati raggiunti dal centro d'accoglienza gestito da Daniela Trapasso.
Il centro d'accoglienza è finanziato dal CIR (Consiglio italiano dei rifugiati) e patrocinato dall'ACNUR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e vede la partecipazione di Giovanni Lamanna, che in qualità di responsabile è stato tra coloro i quali hanno reso nota l'iniziativa.
Durante la serata si sono svolti i balli popolari kurdi ai quali hanno preso parte uomini, donne e bambini, inscenando una danza molto allegra che ricorda, per il modo in cui si è sviluppata, le tarantelle calabresi, travolgenti e cariche di energia.
da kontrokultura.org
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