Pubblicata in data 10/2/2006
Sono poche le usanze che si tramandano di generazione in generazione: un esempio è “a serenata”, che sta spopolando tra i giovani. Ma visto che le festività natalizie sono di recente terminate, mi è venuta in mente una particolare e caratteristica abitudine che sta pian piano scomparendo nel nostro paese, ma che ha fondamenti storici ben definiti.
Da bambina mi ricordo che mia nonna mi dava un piccolo sacchetto in tessuto, la cosiddetta “gurzihra”, che portavo con me quando andavo a a far visita ai miei parenti proprio durante le festività natalizie. Precisamente questa gurzihra mi veniva data a Capodanno e chiunque poteva donarmi e mettere, dentro di questa, soldi come regalo, ovvero come si dice nel nostro dialetto “comu strina”.
Ora questa usanza non è del tutto futile e puerile. Mentre leggevo il primo capitolo dei Fasti del poeta latino Ovidio, dove il poeta dialoga con il dio Giano (dal quale deriva il nome del primo mese dell’anno “Ianuarius” = gennaio in suo onore) chiedendogli varie delucidazioni sul suo culto, mi sono imbattuta in questi versi: “Quid uolt palma sibi rugosaque cara”-dixi- “Et data sub niueo condita mella cado?”……”Dulia cur dentur, uideo; stipis adice causam, pars mihi detesto ne labet ulla tuo” (traduzione: Che cosa significano i datteri e i rugosi fichi -chiesi- e il miele che si offre contenuto in candido vaso?”…”Comprendo il perché dei dolci: ma aggiungi la ragione in danaro, affinché nulla della tua festa mi sfugga”).
Ampliando questo discorso sulle note di Marco Fucecchi nello stesso libro, questo mi conferma che i dolci , di cui Ovidio cerca spiegazioni e che venivano offerti al dio nelle sue invocazioni, sono le “strenae” (ital. strenne, dial. “strina”) che si regalavano all’inizio dell’anno come augurio di felicità e prosperità. Inoltre parla anche di “stipis” (ital. “denaro”), un insieme di monete raccolte a scopo votivo e religioso, che divenne, ai tempi dei romani, un’usanza propiziatoria, per cui il 1° di gennaio il cliente donava al patrono una moneta.
Ecco ora chiarito il mistero della nostra ”strina”! Per chi ci crede la prossima volta, tra una lenticchia e un’altra, facitavi fara puru a strina … così avrete più fortuna e ricchezza per il nuovo anno.
Autore: Simona Scoppa
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