Pubblicata in data : 15/10/2004
Periodo storico : 1855
"Mi cuntàva pappumèu, Petru u Breu, chi nescìu nto 1855, ca quandu ancòra era nta panza 'e màmmasa nci fu nn'alluviòni chi chjoppa pe quaranta jorni e ppe quaranta notti. U patra nci cuntava ca na notta, sentendu ca i vacchi si lamentàvanu, nescìu nta strata u vida 'e chi si trattava e nci jìu a gamba nte na spaccatina do terrenu: si misa a gridara pemmu duna l'allarmi e scapparu tutti".
Fin qui il racconto del compare Pietro Cossari (u Breu) nell'agosto del 1955. Quindi l'inizio della ricerca di altre fonti, possibilmente scritte, per il doveroso riscontro. Difficile ricerca, giacché i nostri antenati non usavano scrivere "cronaca", e se qualcuno l'ha fatto le relative carte o non esistono più perché distrutte e dagli eventi e da certa insipienza tipicamente nostrana, o sono gelosamente dimenticate in qualche inaccessibile libreria. La fortuna, si fa per dire, ci ha però aiutati. Nella "CRONICA del Venerabile Convento di S. Maria degli Angeli di Badolato" datata 1836, ma riportante gli avvenimenti dal 1602 al 1856, si legge: "1856 - Coll'alluvione de' 18 di Novembre 1855 avvennero dapertutto considerevoli guasti, e nel nostro Giardino non pochi, avendosi puranche la Fontana e la Gibbia della valle riempiuti di terreno, fecesi alla Gibbia volta di fabrica e alla fontana macerie, onde far argine a simili avvenimenti...". Il monaco Cronista, piuttosto puntiglioso e prolisso nel raccontar di calici, cancelli, vigne ecc. è invece parco nel dare notizie sul centro abitato di Badolato, per cui di quelle alluvioni non potremmo qui scrivere altro. Ci siamo allora preoccupati di "scavare" nella memoria di alcuni nostri amici, tra cui più di un ottuagenario. Il quadro che n'è venuto fuori non è certo ben definito, ma tale da consentirci di poter dire che quelle alluvioni hanno interessato particolarmente la parte est e la parte sud di Badolato, sino a cambiarne l'aspetto.
Non era circondato il paese, a nord, dalla strada provinciale (a stratanòva), perché ancora non esisteva; né c'era ancora, pertanto, la grande curva sospesa del Girone. La casa dei Cunsolo (Behrudàngela), presso l'arco del Girone, era la prima di una lunga fila che continuava sino alla zona Pezzi lungo Via Vittorio Emanuele III, e poi giù sino al piano di Rai lungo Via Regina Margherita, e sino all'Immacolata. Queste due strade, quindi, non erano aperte verso il mare come sono oggi, ma erano incassate. L'intera zona è ancora oggi coperta di ruderi. Lo stesso arco all'inizio di via Vittorio Emanuele e Via Regina Margherita assunsero l'attuale tracciato dopo la costruzione dei muraglioni di contenimento, gli ultimi dei quali sono stati costruiti in questo secolo (anni venti?) dalla ditta Giovanni Spasari (suocero del maestro Salvatore Cosenza).
Non esisteva all'epoca l'attuale slargo detto "Chjànu de' carra", ma vi erano case di cui era proprietaria la famiglia di don Rosario Gallelli. Così come non esisteva l'attuale "Chjànu 'e Rai": all'epoca era un frantoio, oggi si nota sul perimetro un muro diruto. Frantoio era pure lo spiazzo detto "Casalìnu" compreso tra via Benedetta e via Corsica, un'area, sino al 1968 dichiarata di "provenienza dell'art. 1 Aree di Enti Urbani e Promiscui". Più di uno mi racconta di quando le due grotte più interne fungevano di gabinetto pubblico per quasi tutti gli abitanti della zona, donne comprese. Al posto del "casalinu" oggi v'è una casa costruita dall'instancabile Vincenzo Piperissa (Nangiu), e promessa in vendita all'artista Luigi Bianco che a Badolato è particolarmente legato. Diruta era anche la casa di Peppino Ugo e della sorella Rosa: l'ha fatta ricostruire Pasquale Ugo ('e Cuncètta) all'inizio degli anni venti, per darla in dote ai figli (ne davamo un cenno tempo fa). Vi lavoravano per la ricostruzione, mi racconta un amico ottuagenario allora bambino, mastro Nicola e mastro Mico Bressi ('e Calibàrdi), mastro Matteo Menniti e un altro soprannominato La Prussia.
La piena delle acque non ha risparmiato neanche la parte sud del paese, quella stessa zona ch'è poi scomparsa con le alluvioni del 1951. Si ha memoria di devastazioni nella zona di Sangianni: Vincenzo Rudi, padre del novantenne Raffaele Rudi ('e Turi) deceduto lo scorso anno, all'inizio degli anni venti mandava dall'America al proprio padre dei soldi per il restauro della casa sita in quella zona. Nello stesso periodo venivano ricostruite, nei pressi della Gurnèhra (Destru) la casa dei Samà, dei Lanciano e altre.
Solo giorni fa un altro amico, non ancora ottuagenario, in verità, mi diceva d'aver sentito dai suoi avi che in quell'occasione un'improvvisa piena del Graneli è stata la causa di annegamento e quindi della morte di due donne che stavano lavando i panni.
Prima di chiudere una doverosa precisazione. Come ognuno si sarà accorto, non c'è in noi nessuna pretesa di scrivere la storia di Badolato: questo compito è dell'amico Antonio Gesualdo e di chi altri vorrà dedicarvisi. Questa rubrica è stata creata con l'intento di recuperare, in assoluta libertà di schemi e di metodi, quegli avvenimenti e quegli episodi che normalmente sfuggono alla storiografia ufficiale. Ciò è possibile, e forse doveroso, fin che dura la memoria.
Tratto da La Radice
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