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Eventi Storici di Badolato

Le Sante Missioni


Pubblicata in data : 15/10/2004

Periodo storico : 1940-1997

A quarant'anni dall'apertura dell chiesa di Badolato Marina arrrivano i Padri Oblati di Maria Immacolata e le Suore Missionarie dell'Immacolata Regina della Pace per una tanto attesa Missione popolare la cui prima fase si è svolta dall'11 al 19 ottobre 1997. In attesa della seconda fase, dal 21 al 29 marzo 1998, il pensiero di tantissimi Badolatesi non più in giovanissima età fa un salto indietro di quasi sessant'anni, a un'altra Missione, condotta dai Padri Redentoristi in Badolato che ancora non si chiamava Superiore.

A conoscenza che ben più attente e più complete penne stanno dedicandosi all'archiviazione storica dell'attuale Missione nella e per la Comunità di Badolato Marina, noi vogliamo qui "recuperare" alcuni segmenti delle Missioni, appunto, del 1940, che hanno lasciato nel popolo un ricordo a dir poco molto vivo, anche perché realizzate, come vedremo, con sistemi ormai lontani dall'intelligenza delle giovani generazioni.

Quell'anno Pasqua è stata una delle più "basse" possibili, il 24 marzo. E i Badolatesi, pensando al proverbio che recita "Pasqua marzìtaca o fammi o morètaca", avranno sicuramente temuto qualcosa di brutto per l'allora immediato avvenire. Difatti, la Storia cosa poteva regalare di più brutto della seconda guerra mondiale? Scoppiò, difatti, la guerra, il 0 giugno, e già il 19 luglio i Badolatesi hanno assistito dal balcone di casa propria alla "brutta" battaglia di Punta Stilo. In compenso, però, "l'Acciprèvata Quarànta" (l'intelligente e dinamico Don Armando Mirijello - Isca Jonio 28.12.1907/26.2.1990 - arciprete a Badolato dall'ottobre del 1938 al maggio del 1941) ha regalato ai Badolatesi le storiche Missioni del 1940, che diedero al millenario paese uno scossone forse mai avvertito in precedenza. Qualcosa del genere s'era verificato, probabilmente con le Missioni del 1922, a giudicare dall'anonima ottava popolare che abbiamo recuperato scavando:

U Patra Totò Maglia si nda jìu
e na caja nto cora ni dassàu.
Tutti li cotrarèhri cumbertìu
ed a ssoni de campàni li chjamàu.
Vorrìa mu sacciu a quala scola jìu,
tanta virtùti cu' nci la mparàu:
nci la mparàu chihru granda Ddiu,
chihru chi de lu Cielu lu calàu.
E torniamo alle missioni del 1940. Non se l'aspettavano, i quattro Redentoristi venuti da S. Andrea, di trovare tanta gente ad attenderli in piazza Fosso giovedì 4 aprile 1940: non mancava nessuno (o quasi), nenache quelli che di lì a poco sarebbero partiti per una guerra senza ritorno: tutti acclamavano e cantavano commossi inni religiosi. Era l'inizio di quei venti giorni in cui -ci avresti scommesso- Badolato sarebbe diventata un paradiso di bontà e di amore. Venti giorni di tripudio dell'anima sono stati quelli che hanno visto i Liguorini a Badolato. Le prediche seguivano alle prediche: dalla chiesa matrice uscivano le donne ed entravano gli uomini, sino a tarda sera ("...fìmmani 'n casa e òmani 'n chjesa..."). Nelle assemblee generali sull'altare maggiore ardeva una fiamma da alcool per simulare il fuoco dell'inferno per i reprobi, che, per scongiurare l'eternità della geenna, si cingevano la testa con corone di spine durante le processioni che si svolgevano nella commozione generale. Leggiamo in un registro di classe femminile di scuola elementare del 1940 (XVIII E.F.): "...la cerimonia fatta dai Padri Missionari è riuscita solenne e molto commovente". Nessun ceto e nessuna età sono sfuggiti al coinvolgimento generale, come, d'altra parte, è normale e forse bene che avvenga in simili occasioni. Si erdonavano torti recenti e lontani e si scambiavano, tra nemici, abbracci di pace. Per le vie del paese giravano dei bambini, incaricati dai Missionari, a vendere coroncine e immagini sacre (figurèhri); alcune ragazze, non solo contadine, già ricamavano le proprie iniziali sulla biancheria che avrebbero portato in convento dove avevano già deciso di chiudersi per conservarsi illibate per lo Sposo celeste. Si dice ancora oggi che qualcuna di quelle vergini non s'è mai più sposata, per voto fatto in quei giorni. Così come si parla dei "figli dei Missionari", intendendo con ciò riferirsi ai tanti bambini nati all'inizio del 1941 perché i genitori hanno scelto di evitare ogni azione frenante, contraria -a detta dei Missionari- al disegno divino. La nostra ricerca, in verità, non confermerebbe questa diceria: c'è anzi un calo delle nascite del 1941 rispetto all'anno precedente (120 contro 161), manon abbiamo avuto il tempo di scoprire, approfondendo la ricerca, quanto questo calo sia dipeso dalla partenza dei mariti per la guerra.

La missione non poteva che concludersi con una processione ancora plebiscitaria (o quasi): dalla Matrice a S. Domenico a portare le Croci per il Calvario fatto costruire a ricordo(1) nel clima mistico e commosso dell'inno

Io T'adoro, o Santa Croce,
duro letto del mio Signore,
io T'adoro con il cuore
e Ti lodo con la voce.
Io T'adoro o Santa Croce

Così i Badolatesi. Ma quale il pensiero dei quattro Missionari? Una qualche risposta ce la può dare la seguente relazione che trascriviamo da un manoscritto gentilmente fornitoci in fotocopia:

"Il Padre Rettore con P. Di Nola, Torre, Casabuni e fratello Luca, accompagnati dal re.mo Arciprete Don Armando Miriello, in macchina, ritornato dalla Missione di Badolato. Contro ogni aspettativa, grazie a Dio, è riuscita fruttuosa, fervorosa ed entusiasta. Riporto la relazione dell' 'Avvenire' del 7 maggio 1940. 'Dopo diciotto anni di assenza i figli di S. Alfonso tornano finalmente in mezzo al popolo laborioso di Badolato per ricondurlo sui sentieri del dovere cristiano col ricordo delle verità eterne e col richiamo a quella legge divina che non ammette eccezioni. Furono davvero venti giorni saturi di entusiasmo e pieni di santa letizia. La sera del 4 aprile clero, autorità e popolo, formando un imponente corteo, si diressero a piazza Principe di Piemonte per ricevere solennemente i quattro Padri liguorini, che, giovani di anni e di spirito, si accingevano a ridare a questo popolo la perenne giovinezza dei figli di Dio. Dopo essersi ricevuto il cordiale benvenuto, reso più entusiastico dal vociare festante dei bambini e dalle note allegre della musica locale, i Padri Missionari innalzarono il Crocefisso e giunti in Chiesa Matrice, rivolsero il primo saluto alla folla che già gremiva il tempio. Quel Crocefisso da essi inalberato poteva sembrare un'anomalia liturgica col Cristo Risorto che dominava sull'altare maggiore, ma non era così, se si pensava che il Cristo risorto rappresentava la meta di tutto un popolo che nella considerazione dolorosa del Crocefisso, attendeva la propria resurrezione morale. Dopo pochi giorni, la Chiesa Matrice divenne incapace di contenere l'uditorio sempre crescente, formato non solo dai lavoratori del campo, ma anche da un notevole gruppo di professionisti. Commovente fu la Comunione generale dei bambini [delle giovinette e delle maritate], ma emozionante riuscì quella dei quattrocento uomini, che preceduti dal Clero, dal podestà e dai gentiluomini, percorsero le vie del paese offrendo a tutti il più bello spettacolo. Seguì la lunga processione eucaristica per la Comunione generale di circa novanta ammalati che fu una vera apoteosi a Cristo Re cui popolo e musica inneggiavano per le vie pavesate a festa. Chiuse la Missione il mesto corteo al Calvario, ove il Rev. Arciprete e i Padri trasportarono le Croci sorrette da cinque professionisti che vollero essere i fortunati cirenei'. Ai gentiluomini il P. Torre ha tenuto un breve corso di conferenze. La partecipazione dei professionisti ha commosso il popolo e, nella semplicità del suo animo, ha cantato nel proprio dialetto

Tutti l'omini ncordati
minda notu 'e qualcheduno
Professori ed abbucati
Chi cercavano perdunu."

Tratto da La Radice

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