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Eventi Storici di Badolato

Cinema Minerva


Pubblicata in data : 15/10/2004

Periodo storico : Anni 50

Ogni volta che sento parlare di "Oscar" del cinema, o di Tornatore, o di "Cinema Paradiso", rivado con la memoria all'olimpo, a Zeus, a Minerva... al cinema "Minerva" di Badolato. Sì, perché Badolato -i più giovani non lo sanno- ebbe una volta un cinema (il passato remoto è d'obbligo, checché ne dicano i puristi). Era allogato in Via Cavone, attuale numero civico 20, un locale lungo 11 e largo 5,40 metri, che prima (ma anche dopo) di ospitare una macchina cinematografica aveva visto nascere i bei lavori d'intaglio dell'artigiano-artista mastro Gianni Verdiglione e dei suoi eredi.

La cerimonia d'inaugurazione avvenne il 10 febbraio 1951. Ad immortalarne le immagini è stato chiamato (si fa per dire: era sempre presente) l'allora giovane e dinamico (come lo è ancora oggi) fotografo Giocondo Rudi. Come si conveniva allora (anche a Badolato), e come si conviene ancora oggi, si è provveduto a una madrina: la scelta è caduta su una bella e poco più che ventenne ragazza di Catanzaro, badolatese di transizione in qualità di maestrina della scuola serale. Ancora oggi, a quarantacinque anni di distanza, più di un suo alunno mi parla di lei, col rispetto che rasenta quasi la venerazione: della sua dolcezza, degli infiniti sguardi di cui era fatta segno, del nugolo di giovani alunni che a sera la rilevavano ed a casa la riaccompagnavano dopo la scuola, al fine di assicurarle doverosa protezione. Ada Miceli vive oggi a Roma: leggendoci ricorderà ancora il taglio del nastro al cinema Minerva di Badolato.

Ma perché Minerva? Dovremmo domandarlo al più dotto della compagnia: dagli indizi in nostro possesso, il più dotto della compagnia era Beniamino De Rosi, che aveva frequentato il liceo classico e che, pertanto, meglio di altri conosceva Minerva, dea della sapienza. Ma Beniamino è ormai nel mondo dei più. Della compagnia faceva parte Giocondo Rudi, saltuario operatore al proiettore in provvisorie sostituzioni dell'operatore titolare che veniva da Catanzaro. E Leopoldo Repice, che alternava al ruolo di mascherina quello di "suonatore", insieme ad Antonio Gallelli (Colonna): attraverso l'altoparlante per gli annunci all'esterno, posto su un muro diruto, i due trasmettevano dall'interno suonate di chitarra e mandolino indirizzate all'allora fidanzata del Gallelli, che abitava in Piazza S. Barbara. Intorno al pianeta cinema orbitava ancora Angelino Gagliano (prematuramente scomparso) con l'esclusivo incarico d'integrare con data e orario i manifesti pubblicitari. E Vincenzo Guarna (oggi in Sicilia), giovane perito che era già un'autorità nel suo ramo: egli era consulente tecnico "indigeno": mentre il meccanico De Francesco, di S. Caterina, era il consulente "straniero".

Si era all'inizio di quel decennio nel quale gl'Italiani hanno posto le premesse per il "miracolo economico" che il mondo intero ci ha riconosciuto. In Badolato era persino nata una scuola media privata (dell'O.G.I.M.). I soldi cominciavano a circolare più che nel passato, grazie soprattutto agli abbondanti pescheti che coprivano le nostre marine. E tanti giovani contadini, a sera, si permettevano il lusso di pagare il biglietto del cinema con i soldi incassati dalla vendita delle pesche che quell'anno hanno raggiunto un prezzo oscillante tra le quaranta e le sessanta lire ogni chilogrammo. Nell'angusta sala c'era ancora spazio per giovani studenti, come Titino Rudi che ogni sera segnava sul suo diario il titolo del film visto. O discepoli di bottega come Vincenzo Saraco e Raffaele Schiavone che negl'intervalli si esibivano cantando canzoni di Nilla Pizzi e di Luciano Tajoli: c'è qualcuno che ricorda ancora, come fosse ieri, le note di "Zoccoletti" e di "Grazie dei fiori". C'erano, però, anche tanti ragazzi che al cinema non potevano andare perché non avevano i soldi per il biglietto: nella barberìa si procedeva allora a una colletta, e poi si sorteggiava: il fortunato andava al cinema con i soldi di tutti... ma l'indomani doveva raccontare agli altri la trama del film. E c'era pure qualcuno "di casa" che, per entrare senza pagare il biglietto, interrompeva dal contatore l'energia elettrica, e s'intrufolava approfittando del breve buio che ne seguiva. Tutti stipati in un "buco" (non più di quaranta metri quadrati utili) che però, ebbe anche l'onore di ospitare, nell'agosto del 1951, uno spettacolo teatrale per la regìa del sempre bravo professor Pasquale Rudi: "Pensione per uomini soli" il titolo; tanti gli attori: Pasquale Samà, Peppino Rudi, Andrea Procopio (Scano), Totò Fiorenza, Pepè Caporale, Angelino Gagliano, e altri.

Le pizze le portava Vincenzino Spagnolo da Catanzaro. I films? Della "San Paolo", opportunamente "tagliati" da una speciale commissione di sacerdoti che allo scopo si riuniva in un locale di via Grottaperfetta, a Roma, dove il sottoscritto in quegli anni era ospite-studente. Quindi: Tarzan, Totò, Stanlio e Onlio, I forzati del mare, Il conte di Montecristo, S. Giovanni decollato... Niente sesso, allora: anzi, niente baci, per evitare cattivi pensieri. In una scena di un film di movimento volarono parecchi piatti, e il buon mastr'Agostino ebbe ad esclamare: "Ebbèru ca ti fannu rìrara, ma nda fannu ranni!". Ma di chi l'idea di un cinema a Badolato?! Di due badolatesi, di due amici, di due imprenditori che non abbiamo la possibilità di intervistare perché ci hanno lasciato da tempo: Vincenzo Menniti, allora ventinovenne, scomparso nel 1990, e Giuseppe Papaleo, allora trentasettenne, scomparso nel 1973. Due Badolatesi che in più occasioni hanno usato intelligenza e fantasia per inventarsi un lavoro, con capacità imprenditoriali non certo comuni negli anni cinquanta, e di cui l'Italia del tempo aveva grande bisogno.

Non siamo riusciti ad appurare quando il cinema Minerva ha chiuso i battenti: è durato, probabilmente, soltanto un paio d'anni, come tante cose buone nella nostra Badolato, nel nostro Sud. Quali le cause di così breve vita? Non certo la caduta d'impegno da parte dei due giovani proprietari, che non c'è stata. Forse l'avvento in Italia della televisione, e sicuramente motivi di ordine tecnico: leggasi, in proposito, la simpatica poesia di Anonimo, che io attribuirei, però, a Beniamino De Rosi. Il corpo mortale l'ha inferto l'alluvione dell'ottobre del 1951 e, di conseguenza, il massiccio esodo dei Badolatesi, esodo che era già iniziato, comunque, qualche anno prima. La trasformazione di una buona parte del pianeta alla fine della seconda guerra mondiale ha interessato anche Badolato e la sua quasi millenaria immobilità. Ma le alluvioni del 1951, e la fuga di tanti Badolatesi inseguiti dallo spettro della fame e alla ricerca di un ormai irrinunciabile riscatto economico e soprattutto sociale, segnarono l'inizio della palpabile agonia del vecchio borgo; ed anche la fine del Nostro "Minerva".

Tratto da La Radice

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