Pubblicata in data : 22/10/2004
Periodo storico : Dicembre 1997
Il 26 dicembre 1997 il paese della Calabria fu invaso da 835 curdi, sbarcati da una nave arenata. Risultato: più turisti, più lavoro, più allegria.
Hanno scritto «Abbasso l’Onu» con la vernice bianca all’imbocco di via Umberto I, che è il passeggio di Badolato, un pugno di case antiche appiccicate alla montagna sopra la marina del Golfo di Squillace.
È un paese di Calabria che ama i curdi. E c’è il sindaco che gira l’Europa a far loro da ambasciatore.
Si chiama Gerardo Manello. Il 26 dicembre 1997 è stato sommerso dai curdi: 835 uomini, donne e bambini scesi dall’Ararat, vecchia carretta incagliata davanti alla spiaggia di Badolato Marina.
Giorni di passione e solidarietà, di notti in bianco: «Come sto? Benissimo. Badolato è risorto. Grazie ai curdi».
Sul municipio sventolano due bandiere, l’italiana e quella con le stelle d’oro in campo blu dell’Europa. C’è la televisione svizzera e domani arriveranno i giornalisti austriaci. Insomma, un esempio per l’Europa. E per l’Italia? Il sindaco un poco s’adombra: «Mi hanno invitato in Piemonte e in Lombardia e mi han preso per matto».
Così lui ora evita. Preferisce l’Europa e più a Nord va, migliore è l’accoglienza. Il risultato sono 700 turisti stranieri la scorsa estate, che vuol dire 700 per cento in più. «Un anno fa avevo scommesso. Era una di quelle notti che non dormivo e pensavo alla Germania, che senza stranieri stramazzerebbe. E poi ho pensato a Torino, alla Fiat, ad Agnelli».
Ma i curdi restano il tempo per riposarsi. Quasi tutti in tasca hanno altri indirizzi in Svizzera e Germania. Il sindaco scova lavori e appartamenti: «A Deler un ingegnere aveva trovato un posto da ingegnere alla fabbrica delle acque minerali di Fabrizia. La moglie era incinta, la bimba, Angela, è nata qui.
Hanno preferito la Germania. Niente. Si metteva davvero male. Bisognava inventare qualcosa». Così nasce la Pro-Badolato, associazione di cultura e turismo: ristruttura case e le offre ai turisti. I curdi sono impegnati nei lavori di muratura e pulizia. Aprono botteghe artigiane e soprattutto s’inaugura il primo ristorante curdo della Calabria, il secondo in Italia, Ararat, dove per mangiare bisogna prenotare due giorni prima.
Restano in quaranta un anno dopo, poche famiglie e molti giovani. E c’è chi s’è già fidanzato. Dieci anni fa gli amministratori di Badolato avevano, provocatoriamente, messo in vendita il paese, spopolato dagli abitanti.
Qualche svizzero aveva comperato casa. Ora i curdi han fatto la differenza e insieme ai badolatesi hanno rimesso in moto l’economia. Così la tabaccheria e la macelleria non chiudono più. E il sindaco ha deliberato di comperare dai privati 20 appartamenti: «Li regalo ai curdi. Il ministro Livia Turco mi ha promesso un miliardo e mezzo».
È pieno di iniziativa, questo sindaco matto: «Lancerò un bando di lavoro in tutti i campi per stranieri in Italia: abbiamo bisogno di tagliatori di pietra, contadini, allevatori, fabbri e falegnami». Cinque curdi lavorano nella cava di pietra a Stilo, in crisi da tempo. Forse faranno una cooperativa.
Yusuf insieme a Pino ha aperto un laboratorio di ceramica alla quale anche i carabinieri hanno commissionato lo stemma per la caserma. Ibrahim Sherin lavora nel nuovo negozio del commercio equo e solidale. Poi ci sono quelli impiegati in campagna e nell’edilizia. Il parroco don Vincenzo Gallelli è arcicontento: «Una benedizione per la Chiesa. Ho potuto predicare in concreto la solidarietà e la misericordia». E nella notte di Pasqua battezzerà cinque curdi adulti.
Oggi all’Ararat pranzano solo giornalisti. Una grande bandiera curda e la foto di "Apo" Ocalan sono appese sopra il bar. Nei piatti zebzeli kufta, peperoni e melanzane ripieni di carne. Stasera si potrà scegliere anche lahamacun, pizza curda, per la quale i turisti italiani e stranieri vanno pazzi. Si può mangiare accovacciati sui tavoli bassi tradizionali, oppure all’occidentale. Si può bere il vino tosto della Calabria, o il tè e altre bevande curde. C’è tolleranza a Badolato. Manca una scritta all’imbocco di via Umberto I: «Viva il sindaco e i suoi concittadini».
Di ALBERTO BOBBIO
Tratto da Famiglia Cristiana
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