Salerno-Reggio, i cantieri dei boss La mappa degli appalti mafiosi

 

Inserita il 22/03/2005

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REGGIO CALABRIA - La stanno ricostruendo loro la più grande via del Meridione. La stanno rifacendo con i loro camion e con le loro ruspe, con le pietre delle loro cave, con i loro prestanome e con il loro cemento scadente. Si chiama autostrada del Sud ma è l´autostrada dei boss. Misura 443 chilometri. È il corpo di reato più lungo d´Italia. È tutto asfalto mafioso da Salerno fino a Reggio. Cantiere sterminato dove i lavori non finiscono mai, opera promessa dove si viaggia ancora a passo di mulo come lungo un sentiero.
È il più colossale affare delle nostre mafie in attesa del Ponte che verrà. È «sotto inchiesta» dal primo all´ultimo metro l´A3, provincia dopo provincia e svincolo dopo svincolo.

Indaga la Finanza a Battipaglia e a Eboli, la Dia a Cosenza, indagano i carabinieri a Catanzaro, indaga la polizia a Palmi e a Villa San Giovanni. Un lotto è un processo, una gara d´asta è un rinvio a giudizio. Dietro ogni curva c´è una cosca che si avventa sulla terza corsia, è camorra nel primo tratto ed è %u2018ndrangheta giù nelle Calabrie, un percorso che disegna il potere del crimine, le betoniere e gli escavatori che segnalano le «famiglie» dominanti sul territorio, cartina stradale che diventa organigramma mafioso.


Ci sono i Giffoni, i Chirillo, i Mancuso, ci sono i Bellocco e gli Iannazzo, i signori del sub appalto, i capi e i loro «sottopanza» si sono impadroniti di tutto ciò che sta intorno a una delle «infrastrutture strategiche» che dovrebbe cambiare il Paese. E´ finita nelle loro mani l´autostrada del Sud. Come era finita nelle loro mani anche quella mappa ancora prima che arrivasse a Roma, al ministero dei Trasporti. Sopra erano tratteggiati i viadotti sospesi sulle fiumare, i raccordi che si arrampicano sulla Sila, le lunghe gallerie che corrono sotto l´Aspromonte. Era il progetto per l´ammodernamento dell´«asse Salerno Reggio» che i boss avevano ricevuto in dono da qualcuno già nel 1998, quando aveva inizio il sogno e l´incubo di questo tragitto tortuoso che attraversa mezza Penisola. Cantieri aperti e subito abbandonati, ditte fallite, deviazioni continue, code infinite, il traffico a senso unico come nelle antiche «trazzere» del regno borbonico.


E loro che erano sempre là. Sempre appostati ai bordi dell´autostrada. E´ stato un super testimone che si chiama Piero Speranza - un piemontese che ha riciclato in Toscana i soldi dei trafficanti calabresi - a raccontare per la prima volta come i «mammasantissima» si sono impossessati dell´A 3. Ci fu un summit in una villa di campagna a Torremezzo di Falconara, in provincia di Cosenza. E i boss si misero subito quasi d´accordo. Era l´agosto di sei anni fa. Da quel momento ogni fornitura di calcestruzzo e ogni movimento di terra li ha assicurati la %u2018ndrangheta. In principio ci fu qualche regolamento di conti. Poi, tanti erano i soldi che hanno fatto scoppiare la pace.


Fanno estorsioni alle imprese che non sono amiche, gonfiano fatture, scaricano materiale di scarsa qualità sotto il manto stradale, corrompono funzionari Anas, impongono guardianie. E pretendono sempre il 3 per cento da ogni lavoro altrui. «E´ la tassa di impatto ambientale Calabria», ha confessato uno dei maggiorenti della mafia di Castrovillari, un commercialista oggi pentito. Il suo nome è Antonio Di Dieco. E´ lui che rivelato i meccanismi della spartizione sulle faccende dell´autostrada. Quando un giorno ha allungato gli artigli sull´appalto di 400 milioni di euro per la realizzazione del collegamento tra Morano e Tarsia, il commercialista si era già fatto i suoi conti: «Un terzo che ammontava a quattro milioni di euro era per me, un terzo toccava alla famiglia di Rosarno e un terzo li ho consegnati a un imprenditore che doveva ammorbidire pezzi grossi dell´Anas e uomini politici».

Fino a qualche tempo fa, c´era pure un contabile unico che ritirava i «ricavi» della Salerno-Reggio per poi consegnarli ai capi. Un incarico di fiducia. Ma Francesco Amodio parlava assai quando viaggiava sulla sua lussuosa automobile per incassare mazzette da svincolo a svincolo, parlava e parlava mentre una microspia sistemata sotto il cruscotto della sua Mercedes registrava ogni sospiro. Alla fine dell´indagine ne arrestarono 48, molti mafiosi, il direttore del compartimento dell´Anas della Calabria Michele Vigna e il responsabile tecnico generale dell´ente Michele Minenna, ingegneri, costruttori di «riferimento» dei clan. Li stanno processando tutti in queste settimane. E mentre li stanno processando ce ne sono altri fuori che hanno già ricominciato a ingrassarsi con gli stessi sub appalti.


Sempre il 3 per cento. Tranne dalle parti di Lametia Terme e di Vibo Valentia dove si sale a volte fino al 10 per cento, dove una trentina di imprese in odore di `ndrangheta si arricchiscono con i ponti e con i tunnel.
Ma è muovendosi sulla Salerno-Reggio Calabria verso giù che si trovano le tracce delle «famiglie» più influenti, che si scopre l´identità dei loro rappresentanti, che prendono forma le consorterie. Un´altra trentina di società tutte intrecciate ai «don» hanno il monopolio assoluto dei lavori tra Gioia Tauro e Palmi, un´altra ventina sono quelle che trafficano con gli inerti e le cave nell´ultimo troncone prima della Sicilia, a Bagnara e a Villa.


E´ la ‘ndrangheta padrona. Come lo è la camorra più su nella Piana del Sele, dove ha fatto saltare in aria gru e baracche di quegli imprenditori che non la dovevano neanche sfiorare l´A 3, la loro autostrada.
E´ tutta regno delle mafie questa grande arteria che è sempre un inferno di «lavori in corso», cammino deformato dal tempo e dall´incuria, una di quelle grandi opere finite nella «Legge Obiettivo» come la Variante di valico o come il Passante di Mestre, l´Alta velocità, gli interporti, le metropolitane, le stazioni ferroviarie al Nord e gli acquedotti al Sud. Tanti progetti e pochissimi soldi in cassa. «Uno smisurato piano senza le sufficienti risorse finanziarie», scrive nel suo libro «Uscire dal tunnel» il deputato salernitano Tino Iannuzzi, responsabile della Margherita per le Infrastrutture, uno che conosce passo dopo passo la storia della famigerata A 3. Sui ritardi nel completamento dell´autostrada Iannuzzi, carte alla mano spiega: «Su 443 chilometri i lavori non sono ancora iniziati su più di 200. E mancano 3 miliardi di euro per potere finanziare tutto il progetto».

Quanto costerà alla fine la Salerno Reggio Calabria è difficile anche immaginarlo, c´è una danza di cifre ufficiali dentro le quali è faticoso districarsi, si intuisce solo che il suo prezzo definitivo sarà un po´ meno del doppio di quanto avevano pronosticato all´inizio. A Berlusconi e al suo ministro Lunardi non è servito unificare in 7 macro lotti quei 72 micro lotti che c´erano quando il governo dell´Ulivo avviò l´allargamento della terza corsia, disastroso il risultato: lentezze, pasticci, crac di imprese. Secondo alcuni tecnici, i lavori in certi tratti avanzano attualmente per 7 chilometri l´anno. Andando avanti così arriveremo a Reggio Calabria non prima del 2035. E non è servito neanche affidare l´autostrada al «general contractor», come vuole la Legge obiettivo. Costi fermentati comunque e comunque sub appalti sempre preda delle organizzazioni criminali calabresi.
Quelle che adesso cominciano a voltarsi dall´altra parte. Verso la Sicilia. Verso il Ponte.

Tratto da: La Repubblica


Autore: Fausto

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