Inserita il 22/01/2010
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«Mio padre è morto mentre chiedeva altre priorità per la Calabria»
GUERINO Nisticò, figlio di Franco, ex sindaco di Badolato, morto lo scorso 19 dicembre
a Villa San Giovanni, mentre stava intervenendo all’iniziativa della Rete No Ponte contro la costruzione del Ponte sullo Stretto, ha scritto una lettera aperta al presidente della Repubblica, GiorgioNapolitano in occasione della visitache ilCapodello Statofarà oggi in Calabria.
«Le parole del suo discorso di fine anno– afferma Nisticò- risuona nodi una eco amara per chi vive una realtà, quella della nostra terra, che non conosce serenità da troppo tempo. Lei parla di nuove generazioni, di riserve magnifiche di energia, di talento e di volontà, di motivazione e qualità, specializzazione ed energie dei giovani che hanno potuto prendere le strade miglior. Lei sottolinea l’importanza di garantire opportunitàdi formazione capaci di far emergere i talenti e premiarne il merito».
«Ad ogni modo, per chi vuole rimanere in Calabria senza arrendersi ad un sistema deviato – prosegue Guerino Nisticò – non èpossibile smetteredi lottare. E la lotta diventa sempre più necessaria per rincorrere la possibilità di avere una vita dignitosa e vedersi riconosciuti i propri diritti fondamentali. Finoa quando dovremo lottare strenuamente per elemosinare un lavoro spesso in nero, precario ed insicuro; per avviare una sana e seria iniziativa imprenditoriale senza ritrovarci le porte chiuse in faccia dalle banche; per vivere la nostra quotidianità in un ambiente salubre e non violentato e deturpato da colate di cemento, abusivismo, frane, veleni radioattivi e discariche abusive; per avere strade sicure e ammodernate, trasportiefficienti; per ambulanze attrezzate in ogni ospedale, per una sanità liberata da interessi criminali e clientelari; per essere veramente liberi di vivere e costruirci qui, qui nella nostra amata terra, un destino diversamente possibile?».
«E' troppo comodo – prosegue la lettera –parlare di Calabria e parlare di 'ndrangheta, mancanza di lavoro, carenze infrastrutturali e cedere al luogo comune della disperazione e della rassegnazione. Quello che è successo nelle ultime settimane ci impone di dare un taglio diverso alla discussione. Non possiamo non interrogarci sull'ottusità di una classe dirigente che pensa a grandi opere da cartolina in un contesto sempre più desertico.
Il 19 dicembre a Villa San Giovanni, i calabresi che non si arrendono a questo stato di cose, erano in strada per manifestare l’esigenza di un diverso ordine di priorità. Franco Nisticò da quella piazza stava urlando, con la stessa intensità di sempre tratta dalla forza delle idee e della vita reale: la denuncia di una disoccupazione giovanile preoccupante, del dissesto idrogeologico calabrese, delle delicate questioni ambientali irrisolte, della carenza delle infrastrutture e del sistema sanitario, rimarcando ancora una volta il problema della statale 106 che continua ad essere un incessante e assurdo bollettino di guerra. E proprio di quelle carenze ha pagato il prezzo più estremo, perdendo in modo assurdo la propria vita.
In Calabria si può morire per un’ambulanza che non c'è e/o che non arriva in tempo. Franco Nisticò era mio padre».
«La nostra Calabria è da sempre segnata da contraddizioni profonde. Una terra –sostiene ancora – capace di dare vita a realtà esemplari di integrazione eaccoglienza, comeRiace, Cauloniae Badolato,dovei migranti sono accolti come una risorsa, non solo dal punto di vista umano e culturale, maanche sotto il profilo della ripresa economica. Una terra, allo stesso tempo, in grado di esprimere realtà esplosive come quella di Rosarno dove 'ndrangheta razzismo e ignoranza, ma anche solidarietà, si sono sciolte, portando con sè l’illusione della convivenza. Convivenza illusoria perché non ci può essere convivenza tra schiavo e padrone».
Tratto da ilquotidianodellacalabria.it
Autore: fausto
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