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Titolo Rubrica : GIUSEPPE UNGARETTI: particolarità della sua poetica


Pubblicata in data : 23/11/2004



Ungaretti si è a lungo identificato nella storia della letteratura italiana con l’idea di una “poesia moderna” audace ed eversiva nei confronti dei vecchi schemi e la sua figura si colloca, al suo interno, come fondatore di “un’arte nuova”. Allo stesso tempo, importanti sono tutti quegli aspetti che lo definiscono un assertore di continuità con la tradizione e forse ultimo vero esponente di un’antica idea della missione della poesia stessa. Il Nostro ha intitolato la raccolta completa delle sue poesie “Vita d’un uomo” e ha scritto “di non aver avuto altra ambizione che di lasciare una sua bella biografia”. C’è in questo un suo palese bisogno di autenticità, di “ancorare la poesia a un’esperienza umana intensamente sentita”. Nel momento in cui nasce la sua poesia, il clima letterario è dominato da una parte dall’estetismo dannunziano, dall’altra dalle ricerche sperimentali di futuristi e vociani ma il suo “sentire” si scaglia contro “le pompose vuotaggini di un’onde oratoria”, i “vagheggiamenti decorativi estetizzanti”, il “pittoresco bozzettistico” e porta avanti un nuovo concetto della “parola” che “doveva chiamarsi a nascere da una tensione espressiva che la colmasse della pienezza del suo significato”. In questo senso, Ungaretti assegna fin dall’inizio alla poesia un’ambizione alta, in alternativa alle riduzioni ironiche dei crepuscolari con la loro “vergogna di essere poeti” e ciò si può subito notare in una sua poesia del “Porto Sepolto” che recita: <>. Il suo “autobiografismo” non è intimismo individuale, ma ricerca nel profondo dell’anima di ciò che è “unanime” ed “universalmente umano”. Questa sua continua ricerca è sorretta da una fiducia “mistica” nella “parola essenziale”, assoluta e carica di una storia: <>. La parola poetica, secondo il Nostro, mette in contatto realtà distanti e “quando tali contatti danno luce, è toccata poesia” e il tutto risulta un “miracolo ed una folgorazione improvvisa” che richiede “una tecnica raffinata sullo studio della sonorità delle parole” e “trapassi bruschi dalla realtà al sogno; uso ambiguo di parole, nel loro senso concreto ed astratto; scambio costante e fulmineo di proprietà tra le diverse fasi del discorso”. Ungaretti, poiché afflitto da continui “tormenti formali” della sua stessa poesia , svolge un attento e perenne lavoro di revisione dei suoi testi ed è alla continua “ricerca dell’espressione assoluta e definitiva”. Quasi ogni sua poesia è il risultato di più riscritture fatte a distanza di anni, di una storia intricata di varianti, in cui a volte della prima redazione non è rimasto nulla o quasi. Così le date che attribuiamo ai suoi testi sono convenzionali.la sua poesia vuole caricarsi di memoria storica ed il richiamo alla tradizione non ha solo un valore artistico: l’ “atteggiamento di simpatia assimilativa” verso il passato suggerisce “ch’essa tenda all’universalità, ch’essa cioè non tradisca nemmeno ora, la sua finzione religiosa”. All’interno, pertanto, di un contesto letterario dove prevale la materia sullo spirito, il compito della poesia, la sua vera missione, resta ed è sempre quello di esplorare il “mistero” che è in noi e che coincide col senso del divino. Un’idea di origine simbolista che assume una connotazione cristiana dove “ogni poeta sa e risolutamente afferma che la poesia è testimonianza d’Iddio”. Attraverso questo aspetto particolare alla poesia è attribuita una missione altissima: “fare ritrovare all’uomo le fonti della vita morale che le strutture sociali hanno sempre tendenza a corrompere e disseccare” o meglio ancora cercare di “salvare l’anima umana e il primato dello spirito”.

“L’ALLEGRIA” :

“L’Allegria”, pubblicata per la prima volta nel 1919, comprende poesie scritte fra il 1914 e il 1919 e la parte più significativa è costituita dalle poesie del “Porto Sepolto” scritte al fronte della prima guerra mondiale e ciascuna reca in calce un luogo e una data, quasi fosse una pagina di diario. Accanto ai temi della vita di trincea, situazione estrema di contatto quotidiano con la morte, affiorano ricordi della vita precedente, momenti di desolazione esistenziale, di contemplazione della natura, motivi di una “religiosità” ancora indefinita. Il messaggio principale e dominante è “l’attaccamento alla vita” dichiarato anche nei suoi momenti più terribili, il coraggio di vivere nonostante tutto: << Ungaretti / uomo di pena / ti basta un’illusione / per farti coraggio>>; e insieme a tutto ciò emerge anche il sentimento della fratellanza umana che si consolida attraverso la sofferenza.

Il titolo originario “Allegria di naufraghi” alludeva appunto all’affermazione di un valore dell’uomo che resiste anche nel “naufragio materiale e psicologico”. Le poesie sono per lo più brevi e composte da versi brevissimi con poche e scarne parole isolate tra grandi spazi bianchi, senza punteggiatura che vogliono concentrare in sé il succo di un’esperienza, di una sofferta meditazione. Queste parole sono per lo più “usuali” e “povere” che il gesto del poeta riscatta dal “logoramento” quotidiano, quasi a riscoprire “le radici originarie della comunicazione”: la frantumazione del discorso, ridotto ai suoi termini essenziali, esige, secondo il Nostro, da parte del lettore una pronuncia intensa e tutta interiore. Ungaretti cerca di creare intorno ai suoi “versicoli” un “alone di suggestione” evocando “idee molteplici e indefinite con accostamenti nuovi e sorprendenti di parole, con metafore e similitudini analogiche capaci di destare nel lettore risonanze profonde ed insieme sfumate”.

“D’improvviso

è alto

sulle macerie

il limpido

stupore

dell’immensità”

(“Vanità”)

Esiste nella poesia di Ungaretti una rivelazione, che sconvolse gli ambienti letterari del suo tempo, e che induce ad una vera “essenzialità espressiva”, allo “scavo nell’interiorità”, alla grande capacità di far scaturire significati inediti che dimostravano la grande importanza della “Poesia” veramente moderna che si limitasse esclusivamente ad una provocazione o ad un semplice esperimento. È questa la “grande lezione” che Ugaretti è riuscito a dare offrendo un’immagine di sé che ha delle origini romantiche dove “l’uomo che non fa il poeta, è un poeta in ogni momento e atteggiamento”. La sua fede nella missione altissima della poesia è segnata dalla “fede dei vecchi padri poeti” e dal “compromesso illuminato” fra la modernità e la tradizione. La fede nella poesia, nello spirito, nella religione dei padri, l’accettazione di un ordine costituito e della continuità della tradizione letteraria, sono molto importanti in Ungaretti che ha assegnato alla “Poesia” un ruolo fondamentale nella società perché vista come “espressione di una sfera spirituale superiore” con grandissimi valori eterni più forti della crisi dell’uomo contemporaneo.

“SAN MARTINO DEL CARSO”: approfondimenti, riflessioni e commento.

“Di queste case

non è rimasto

che qualche

brandello di muro

Di tanti

che mi corrispondevano

non è rimasto

neppure tanto

Ma nel cuore

nessuna croce manca

è il mio cuore

il paese più straziato”

(Valloncello dell’Albero Isolato / 27 agosto 1916)



Questa poesia, che mi ha impressionato moltissimo fin dalle scuole elementari, è la descrizione di un paese del Carso devastato dalla guerra, in cui perfino i “brandelli” dei muri appaiono come parti umanizzate di una terra madre mortalmente ferita e straziata nelle sue carni. L’angoscia della desolazione di quel paesaggio spettrale non si limita alla “mera narrativa”, bensì si arricchisce di drammaticità per l’analogia che per il poeta si stabilisce subito in una sorta di soliloquio interiore.



“Se di queste case è rimasto almeno qualche brandello di muro, nulla è davvero rimasto di tanti miei compagni che erano in corrispondenza di sentimenti e di dolore e di speranza con me; e quindi il mio cuore, così desolato e ormai privo di affetti, è divenuto il paese più straziato e, infatti, in esso non manca nessuna croce, perché sono tutte presenti nel mio ricordo.”





Autore Guerino Nisticò

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