Pubblicata in data : 9/5/2005
JOHANNESBURG SUMMIT 2002
ULTIME NOTIZIE: DATI ALLARMANTI INCOMBONO SULLA VITA DEL MONDO E DELLE SUE POPOLAZIONI .
L’AIDS/HIV CONTINUA AD UCCIDERE:
3 milioni di morti nel 2001 tra uomini, donne e bambini; 5 milioni di nuovi infetti HIV nel 2001; 25 milioni di bambini resteranno orfani entro il 2010 a causa dell’Aids; 70 milioni di uomini, donne e bambini moriranno di Aids nei prossimi 20 anni.
DATI, RIFLESSIONI, OBIETTIVI E SCADENZE: ESISTONO VERAMENTE SOLUZIONI PER SCONFIGGERE QUESTA PIAGA MONDIALE?
Fin dai primi giorni del penultimo vertice sullo Sviluppo Sostenibile, svoltosi a Rio de Janeiro, in Brasile, nel 1992, si ricordava che l’umanità intera aveva ed ha diritto alla salute ed a una vita produttiva in armonia con la natura. Anche oggi, dopo l’ultimo importante vertice mondiale, svoltosi lo scorso anno in agosto a Johannesburg, è evidente l’urgenza di affrontare le diverse cause che generano le malattie e l’impatto che esse stesse generano sullo sviluppo, soprattutto dei paesi poveri ed ancora in via di sviluppo ed innanzi tutto sulle donne e sui bambini.
Le proposte per il vertice di Johannesburg che sono attualmente in fase di analisi comprendono azioni per: 1) includere le preoccupazioni relative alla sanità nelle politiche e nei programmi per lo sviluppo sostenibile; 2) accrescere la disponibilità di servizi sanitari di base; 3) incrementare gli sforzi per eliminare la malaria, la tubercolosi, il dengue e altre malattie contagiose, in una maniera che sia ecologicamente compatibile; 4) diminuire gli effetti sanitari associati ai tradizionali modi usati per cucinare e riscaldare le abitazioni; 5) promuovere dei combustibili meno inquinanti; 6) accrescere l’accesso all’acqua potabile e agli impianti fognari; 7) appoggiare gli sforzi per combattere l’HIV/AIDS e garantire i diritti di proprietà intellettuale per la medicina e le conoscenze tradizionali. Pertanto a Johannesburg è stato confermato “l’obiettivo primario dell'integrazione delle politiche della salute nei piani nazionali per lo sviluppo sostenibile”.
Fra gli “obiettivi impellenti” deve essere collocata la riduzione, su scala globale, delle malattie respiratorie come la Tubercolosi e la malaria e principalmente la lotta all’HIV/AIDS con la riduzione del 25% degli affetti entro il 2010. Quest’ultima ricopre, infatti, un ruolo importante e centrale per dare un “vero futuro” a tutti i paesi poveri che ne sono terribilmente colpiti, offrendo loro una concreta speranza di sviluppo e garantendo il diritto alla salute e l’accesso gratuito ai farmaci anti HIV/AIDS. Infatti, “non è assolutamente possibile realizzare lo Sviluppo Sostenibile in assenza di una popolazione sana”.
“Le condizioni deficitarie di salute e le malattie sono onerose” e l’HIV/AIDS ha ucciso e continua tuttora ad uccidere milioni di persone che si trovano soprattutto nei paesi in via di sviluppo e quindi nei migliori anni della loro massima produttività per le sorti di quest’ultimi. È bene ricordare che il Direttore Generale dell’organizzazione Mondiale per la Sanità, Gro Harem Bruntland, abbia evidenziato “come tassi di diffusione dell’HIV/AIDS dal 10 al 15 per cento possano tradursi in una diminuzione del tasso di crescita del PNL pro capite che arriva fino all’uno per cento l’anno”.
Queste malattie “sottopongono il reddito delle comunità povere a un pedaggio economico equivalente a 12 miliardi di dollari e, attualmente, il PNL dell’Africa sarebbe probabilmente superiore di circa 100 miliardi di dollari se queste malattie fossero state affrontate meglio anni fa, quando per la prima volta erano disponibili efficace misure di controllo”. Oggi, invece, a causa di queste incredibili disattenzioni politiche internazionali continuano a morire ogni anno, nei paesi in via di sviluppo, fra i cinque e sei milioni di persone che si trovano a vivere in situazioni “igienico-sanitarie” e naturali terribili. “Attualmente la scarsa qualità dell’ambiente contribuisce all’insorgere del 25% di tutte le malattie prevenibili che si verificano nel mondo”. Infatti, da quando l’epidemia, riguardo all’HIV/AIDS, ha avuto inizio più di 60 milioni di persone hanno contratto la malattia che risulta oggi la quarta principale causa di morte nel mondo.
Alla fine del 2001 erano circa 40 milioni le persone colpite e più di un terzo di queste di età compresa tra i 15 e i 24 anni e più del 92% dei casi riguardava i paesi in via di sviluppo. I dati di UNAIDS, consultati on-line, sulla situazione dell’HIV/AIDS nei paesi in via di sviluppo, dove abbiamo visto vive la maggioranza dei circa 40 milioni di persone con infezione da Hiv, sono raccapriccianti. L’epidemia di AIDS, di fatto, ha bloccato i progressi che, se pur lentamente, si erano raggiunti in queste aree depresse. Ad esempio, l’attesa di vita alla nascita, che in Sud-Africa era aumentata da 44 anni all’inizio degli anni 50 a 59 anni all’inizio dei ’90, ha subito una drammatica riduzione sino a scendere a 45 anni fra il 2005 e il 2010.
Non solo; molte attività produttive sono state messe in difficoltà a causa dell’elevata mortalità dei lavoratori. Malattia e decesso sono divenute le prime cause di ritiro dal lavoro in molti paesi africani. L’impatto sociale dell’AIDS è ulteriormente aggravato dall’enorme numero di bambini che hanno perso la propria madre: si stima, infatti, che, dall’inizio dell’epidemia, siano rimasti orfani circa 11,2 milioni di bambini, e che molti di questi abbiano perso anche il padre. In queste aree depresse del globo l’accesso alla terapia risulta oggi proibitivo, e limitate sono le risorse da destinare agli interventi di prevenzione. In questa situazione, qualsiasi intervento rischia di essere tardivo e poco efficace, ma va comunque tentato.
Le campagne di prevenzione hanno ottenuto buoni risultati in paesi quali l’Uganda e la Tailandia, e le possibilità di sviluppo di vaccini efficaci portano nuove speranze. Purtroppo, le terapie combinate, estremamente costose e poco gestibili in termini di “monitoraggio clinico-laboristico”, restano di difficile accesso nei paesi poveri, e la riduzione del rischio di trasmissione verticale tramite somministrazione di “anti-retrovirali” sembra al momento essere l’unica strategia adottabile su larga scala. Se è vero che il 92% delle persone con infezione da HIV vive nei paesi poveri situati soprattutto nell’Africa sub-Sahariana e nel sud-est asiatico, è altresì necessario cogliere segnali allarmanti che indicano un’ulteriore diffusione dell’epidemia in altre aree del globo. In particolare, nel giro di due anni si è assistito ad un raddoppio del numero di infezioni da HIV nell’area dell’ex Unione Sovietica. Inoltre, la diffusione dell’uso di droghe per via iniettiva, che è divenuto un problema in molti paesi asiatici e, in misura minore, in nord Africa, rischia di diventare “un cavallo di Troia” per l’introduzione e l’espansione dell’infezione da HIV in aree precedentemente risparmiate dall’epidemia.
In Italia la situazione è migliore, anche se occorre non sottovalutare l’entità del problema. Dall’inizio dell’epidemia ad oggi, nel nostro paese sono stati segnalati oltre 47.000 casi di AIDS, ma, come in altri paesi industrializzati, a partire dal ’96 si è osservato un decremento del numero di nuovi casi di malattia conclamata. Quest’apparente declino non deve però trarre in inganno, essendo dovuto in massima parte al cosiddetto “effetto terapia”, ovverosia all’allungamento del tempo d’incubazione conseguente all’uso delle terapie "anti-retrovirali" combinate.
Oggi, rispetto al passato, s’infettano e ammalano di più i cosiddetti “contatti sessuali” (etero o omosessuali) che non i tossicodipendenti, il cui numero è in diminuzione. Cresce l’età media alla diagnosi di AIDS o di infezione, mentre aumentano lievemente ma costantemente le donne. Oltre il 60% dei pazienti la cui diagnosi di AIDS è stata posta nel corso dell’ultimo anno non hanno preso farmaci “anti-retrovirali” prima della diagnosi di AIDS, poiché non sapevano di essere sieropositivi. La maggior parte di questi pazienti ha acquisito l’infezione per via sessuale e/o proviene da paesi ad “elevata endemia”. In contrasto rispetto all’andamento dei casi di AIDS, si stima che la prevalenza di persone viventi con infezione da HIV o AIDS sia in lieve incremento, a causa dell’allungamento della sopravvivenza, per cui il “serbatoio di infezione” di oltre 100.000 persone sieropositive, di cui circa 16.000 con diagnosi di AIDS. Di enorme difficoltà è la stima dell’incidenza delle nuove infezioni.
I sistemi di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV, attivi anche in alcune regioni italiane, suggeriscono in ogni modo una tendenza alla stabilizzazione dagli ultimi tre anni. Nonostante gli indubbi successi ottenuti in seguito all’introduzione delle nuove terapie combinate, l’ampiezza del serbatoio di infezione induce in ogni caso a non abbassare la guardia, a rafforzare gli interventi di prevenzione e a continuare ad investire nella ricerca. Infatti, l’introduzione e diffusione del trattamento di farmaci “anti-retrovirali” ha determinato anche nel nostro paese e soprattutto in quelli più colpiti dalla malattia, similmente a quanto registrato in altri paesi industrializzati, una diminuzione della mortalità correlata all’infezione da HIV/AIDS.
A fronte di ciò, l’incremento delle persone viventi con infezione da AIDS e delle persone sieropositive, complessivamente 110-130 mila persone, determina la necessità di tenere fermamente sotto controllo l’epidemia, che ha cambiato negli anni diverse caratteristiche come la modalità prevalente di trasmissione del virus, oggi rapporti eterosessuali, e l’aumento delle persone che scoprono l’infezione soltanto col manifestarsi della malattia. Visto ciò sono stati generalmente rafforzati gli sforzi dedicati alla prevenzione tramite campagne di informazione che sono capaci di risvegliare la coscienza del problema nelle popolazioni e soprattutto tra i giovani.
Importante, in questi ultimi anni, è stato il lavoro svolto, infatti, dalle campagne mondiali contro l’AIDS che anche attraverso il loro slogan “VIVI E LASCIA VIVERE” hanno sensibilizzato il problema tra la gente cercando di rompere quel terribile muro del silenzio e dell’indifferenza nei confronti di questa gravissima “piaga mondiale” accentuando sempre più, con tutte le energie possibili ed immaginabili, la lotta contro la sua pericolosità. Pertanto solo affrontando questo tipo di “stigma” e di discriminazione, silenzio e differenza sarà possibile vincere la battaglia contro l’HIV/AIDS.
ALCUNE DOMANDE TECNICO-MEDICO SCIENTIFICHE MOLTO IMPORTANTI SULL’ HIV/AIDS:
“MA COS’ È VERMAMENTE L’ AIDS?” L’AIDS (acquired immune deficiency sindrome) è una sindrome clinica caratterizzata da una progressiva immunodeficienza provocata dal virus HIV (human immunodeficiency virus). I virus responsabili dell’AIDS sono di due tipi: HIV1 e HIV2. Il virus HIV1 è il principale responsabile dell’epidemia di AIDS mentre il virus HIV2 origina da una regione africana. Il virus può attaccare numerose cellule dell’organismo, in particolare predilige quelle che presentano sulla loro superficie il recettore chiamato CD4. La cellula bersaglio del virus è quindi il linfocita (globulo bianco) CD4 positivo che viene distrutto. Man mano che i linfociti CD4 positivi vengono distrutti, la funzione del sistema immunitario si deteriora progressivamente fino ad arrivare alla fase sintomatica di AIDS.
“QUAL È LA STRUTTURA DEL VIRUS HIV?” Il virus è caratterizzato dalla presenza di un involucro esterno composto da una membrana (envelope) di “glicoproteine” (gp120, gp41), da proteine del nucleo (core) virale (p24) e, più internamente, dalla presenza di un enzima che ha un ruolo importante nella “replicazione” del virus: la “trascrittasi inversa” (P51) che ha il compito di trascrivere l’RNA in DNA operazione inversa rispetto a quella che di norma si verifica in biologia, la “proteasi” (p11), “l’integrasi” (p32).
“COME CI SI’ PUÒ INFETTARE?” L’infezione può essere trasmessa per via parenterale (trasfusioni di sangue infetto, trapianti, scambio di siringhe infette), attraverso i rapporti sessuali (sia eterosessuali che omosessuali) ed urogenitali (per il partner che entra in contatto con il sangue, il liquido seminale o le secrezioni vaginali), esposizione professionale, da madre infetta al bambino durante la gravidanza, al momento del parto e durante l’allattamento. La trasmissione dell’infezione è condizionata dal rapporto virus ospite. Alcuni fattori sono importanti tra cui il tipo di virus (alcuni ceppi sono più virulenti di altri), la quantità di materiale infetto con cui si viene a contatto, il tempo di esposizione, la carica virale contenuta, lo stato di salute generale dell’ospite (presenza di malattie concomitanti).
“COME SI’ PUÒ FARE DIAGNOSI DI INFEZIONE DA HIV?” Il test normalmente usato come “screening” dell’infezione da HIV è un test che ricerca gli anticorpi contro il virus HIV (HIV1 e HIV2). Si tratta di un test “immunoenzimatico” (ELISA= Enzyme- linked immunosorbant assay), molto sensibile, specifico e pratico da eseguire. Ogni test prima di essere dato come positivo viene riconfermato mediante un altro test denominato “Western Blot”. Questa tecnica è in grado di mostrare gli anticorpi diretti contro le diverse proteine del virus. Il test per la ricerca degli anticorpi può essere eseguito ad almeno un mese dall’episodio a rischio e va ripetuto a tre e sei mesi prima di poter essere considerato definitivamente negativo. La PCR (Polymerase Chain Reaction) è un esame relativamente costoso e delicato da eseguire. Si avvale di una tecnica di amplificazione degli acidi nucleici (DNA o RNA) che consente di evidenziare sequenze geniche specifiche anche quando sono presenti in piccolissime quantità. La sua esecuzione risulta molto utile in condizioni ben determinate (diagnosi precoce, soprattutto nel neonato).
“QUALI SONO I SINTOMI DELL’INFEZIONE ACUTA DA HIV?” In seguito al contagio si ha la fase d’infezione primaria che decorre “a sintomatica” del 25-50% dei soggetti mentre nei restanti si manifesta con quadri clinici “a specifici”. I sintomi generalmente riportati configurano una sindrome definita “simil – mononucleosica” e in altre parole caratterizzata da un “esantema” e da una “linfoadenopatia”. È stato descritto anche un possibile interessamento primario del sistema nervoso centrale con quadri clinici d’encefalite o meningite e disturbi neurologici localizzati e generalmente reversibili. Il virus in questa fase si dissemina in tutti gli organi e tessuti.
“CHE COSA S’INTENDE PER SIEROPOSITIVITÀ?” È la fase che fa seguito all’infezione primaria durante la quale si verifica un periodo più o meno lungo di “latenza clinica” cui corrisponde una progressiva “replicazione virale”, una riduzione progressiva di linfociti CD4+ ed il progressivo deterioramento del sistema immune “cellulo-mediato”. Dal punto di vista clinico questa fase è caratterizzata dalla presenza di una “linfoadenopatia generalizzata”. La durata media del periodo “a sintomatico” si è attualmente allungata grazie alle terapie disponibili, arrivando fino a 16 anni. I 2/3 dei soggetti, se non trattati, passato questo periodo sviluppa manifestazioni cliniche della malattia.
“CHE COSA S’INTENDE PER MALATTIA CONCLAMATA (AIDS)?” È la fase sintomatica dell’infezione da HIV durante la quale, a seguito di una progressiva immunodepressione causata dal virus stesso, si manifestano infezioni cosiddette maggiori o tumori. La velocità di progressione della malattia da uno stadio ad un altro è influenzata oltre che da fattori virali anche da fattori legati all’ospite quali la presenza d’altre infezioni virali (infezione da virus B e C dell’epatite, da “citomegalovirus”, da virus di “Epstein Barr ecc….), dall’età del soggetto, dalla tossicodipendenza attiva, dalla terapia antiretrovirale.
SITOGRAFIA
www.johannesburgsummit.org www.johannesburg2002.ch www.svilupposostenibile.org www.undp.org www.developmentgateway.org www.kaisernetwork.org www.aidscience.com www.aids.it www.lila.it www.praesentiaaids.com www.aids.com www.ministerosalute.it www.unaids.org
SITOGRAFIA delle IMMAGINI
www.unical.it www.svilupposostenibile.org www.aids.3000.it www.unaids.com
Autore Guerino Nisticó
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