Pubblicata in data : 9/5/2005
“La Storia” è uno dei romanzi più importanti del novecento letterario italiano. È uno dei più grandi romanzi storici della più recente letteratura italiana e riprende, attraverso una consapevole scelta letteraria da parte dell’autrice, aspetti e passi teorici e pratici de “I Promessi Sposi” che è e rimarrà per sempre il “Romanzo storico” per eccellenza. Come ben sappiamo, il c.d. paradigma di genere del romanzo storico nasce con Walter Scott nell’età romantica e doveva contenere al suo interno una “certificazione documenta” con una struttura bifronte: “la storia” con la sua storiografia ed i suoi documenti e “l’invenzione” con i “personaggi”.
I critici letterari, contemporanei della nostra autrice, pensavano e sostenevano che l’epoca del romanzo storico fosse finita nel periodo risorgimentale con l’esplosione del verismo e della poetica verista che focalizzava i propri argomenti sulla realtà sociale del loro tempo e non più su “fatti storici”. Questo genere invece rinasce “ufficiosamente” proprio con “La Storia” di E. Morante e con “Il Gattopardo” di T. di Lampedusa e poi segna “ufficialmente” la sua rinascita con “Il nome della rosa” di Umberto Eco intorno agli anni ottanta e prende così il nome di “romanzo neo-storico”. Perché romanzo neo-storico? Elsa Morante “decide a tavolino” di scrivere un “nuovo romanzo storico” basandosi su quello ottocentesco.
Fa, pertanto, una scelta consapevole, intellettualmente voluta. Tema storico centrale del romanzo della Morante è la II Guerra mondiale .L’opera viene pubblicata tra il 1971 / 1973 e riprende, “anacronisticamente” ( queste le critiche mosse contro l’autrice ), alla poetica neo-realistica. All’epoca della Morante il neorealismo era passato di moda e dominavano lo sperimentalismo con l’impegno letterario sociale e diretto. La Morante, vera anticonformista della sua epoca, decide pertanto di impegnarsi su una storia drammatica, tipica del neorealismo, impregnata di “nostalgia ottocentesca”. Abbiamo quindi una trattazione speciale di una “attualità” trattata con nostalgia del passato e con toni ed assunti popolari, quasi pedagogici e con obiettivi chiaramente educativi. Molto importante era infatti per l’autrice adempiere ai propri doveri di scrittrice impegnata con un mandato sociale preciso fondato su capisaldi morali , sociali e culturali capaci di “guidare ed educare il popolo e le masse”. Come ben sappiamo, tutto ciò si contrappone alla “narrazione impersonale” ed alla “scarnificazione del racconto” tipica nel verismo letterario novecentesco nel quale il narratore era praticamente “eclissato”.
Così quest’importante romanzo morantiano si presenta come un “romanzo apparentemente neorealista” con un narratore onnisciente che spiega, racconta, guida e giudica e quindi con un narratore in qualità di “guida morale” che si prefigge delle finalità culturali ben precise ( queste alla fine rappresentano le stesse finalità dell’autrice ). Tutto ciò si lega alla precisa volontà, da parte dell’autrice, di una diffusione di massa del suo romanzo con una prima uscita pubblica in versione economica. Nonostante tutto, l’opera viene stroncata dalla critica marxisista dell’epoca con interventi polemici da parte di celebri critici letterari come Pasolini, grande amico della stessa Morante, Asor Rosa Luperini ecc….La loro critica si concentrava non tanto sulla “forma” dell’opera ma sulle sue “tesi storico-politiche” e sulla “ideologia” morantiana trattata ed argomentata attraverso il testo. L’autrice fu criticata di “naturalismo deteriore” ed il suo romanzo definito “qualunquista”. In contrasto alle critiche marxisiste si opponevano degli apprezzamenti letterari da parte di altre celebri figure che sottolineavano l’importanza dell’opera evidenziandone ed elogiandone la forma ed il contenuto, senza entrare nel famoso “discorso ideologico-politico” che caratterizzava la “polemica del tempo”.
“La Storia” fu subito un “Best-seller” con la vendita stratosferica, per i tempi, di circa 180.000 copie vendute. Riscosse pertanto un successo, da parte del pubblico, immediato che superava i “record” di uno dei suoi predecessori di genere ( Nb: “Il Gattopardo” fu venduto in 60.000 copie e poi “Il nome della rosa” Di Eco supera entrambi con più di 200.000 copie ).
La struttura del romanzo è “sofistica” ed”oculata” con 8 capitoli con un “antefatto” introduttivo. Gli altri sette sono dettati da una “cadenza cronologica negli anni”. I capitoli non hanno dei titoli precisi ma sono numerati. L’azione si svolge tra il 1941 ed il 1948. C’è una “cornice in corpo minore” formata dalla “macrostoria” con eventi politici, fatti ecc… ed una narrazione complementare impersonificata dalla “microstoria”.
Abbiamo una prima cornice intorno al 1900 ed un’ultima cornice intorno al 1962 con una fase conclusiva segnata anche dall’epigrafe finale “La storia continua…”. C’è, pertanto, una “dicotomia” tra la “macrostoria” e “microstoria”. Abbiamo la Storia, con la S maiuscola, titolo anche dell’opera con un sottotitolo che è esplicativo e condensa il messaggio politico-morale dell’autrice con le sue intenzioni critico-storiche. La Morante porta avanti e denuncia la “bruttura” della Storia non solo circostanziata alla II Guerra Mondiale, tema centrale dell’opera, ma di tutta quella Storia che dura da 10.000 anni e che da principio risulta un vero “scandalo”. C’è nell’autrice una critica tout court nei confronti di tutta la Storia ( è proprio per questo che viene anche criticata dai critici marxisisti ). La Storia è quindi un vero e proprio “scandalo” e ciò è testimoniato, nell’opera, da diverse citazioni intorno agli uomini / animali diventati cavie e vittime.
Caratteristica , infatti, molto importante del romanzo è “l’interstualità” con riferimenti precisi ad altri testi, con precise citazioni di Marx e Freud che non sono immediatamente riconoscibili attraverso la lettura. Questa “intertestualità” non è casuale ed è condotta all’insegna del “gioco” e del “divertimento” ma è nello stesso tempo intellettualmente voluta per motivi soprattutto filosofici. (NB: Infatti, “La Storia” è anche un grande romanzo filosofico ). Notiamo bene anche che questa “intertestualità” a volte è camuffata da espedienti e questo importante “dispositivo di dissimulazione” è dettata dalla critica del “narratore onnisciente”. Abbiamo, all’interno del racconto diversi personaggi con un punto di vista “esterno alla storia” e con tre tipi di narratori: 1) E. Morante ( Paratesto ) ; 2) Narratore senza nome di sesso femminile ( atteggiamento strumentale da parte dell’autrice ) ; 3) Narratore supplente ( Wilma, una delle protagoniste ) che risulta all’interno del romanzo una vera “narratrice – testimone”.
Ci sono stati, in relazione a queste ultime cose appena trattate, dei critici che ostentavano nel sostenere l’onniscienza dell’autrice per diversi motivi dimostrati da alcuni esempi pratici: l’autrice non conosce, infatti, la Calabria in modo diretto ma è lei stessa che afferma ciò. Questa è invece, per la Morante, una “tattica” precisa per sfumare la rappresentazione. La Calabria e Cosenza sono equivalenti di tutto il Meridione italiano e sono in contrapposizione a Roma, luogo della guerra, dei veri e propri luoghi di fuga idealizzati. Roma rappresenta il presente crudele della guerra , mentre la Calabria il passato e quindi il luogo dell’infanzia, un luogo non ancora civilizzato, rurale, un luogo più “vicino all’oltre”. Ciò propone, pertanto, una visione simbolica degli spazi capace di rafforzare il registro favolistica dell’opera. Ciò è pertanto un ossimoro e non una crisi dell’onniscienza perché trattasi di luoghi mitici dove il nostro narratore onnisciente, tipico nel ‘900 , è colui che si mette con la coscienza al di sopra dei suoi stessi personaggi.
Tra i personaggi spicca fondamentalmente, la figura di IDA che è il contrario dell’alter ego della Morante. Ida è una maestra di scuola elementare. Non ha interessi culturali e vive la sua professione come un’estensione della maternità. Non è assolutamente la voce narrante ma risulta la “cavia” principale del romanzo rappresentando la “crisi della femminilità”. Ida è rimasta una “bambina”, è una Donna “vecchia-bambina”. Ida è un modello di femminilità immaturo ed incompleto: non comprende il godimento sessuale ed è frigida. Ha un ottimo rapporto con il padre ma quello con il marito è delicato e particolare. Ida è però un vero modello di maternità assoluta e ciò è un grande valore in lei. A volte assume, attraverso dei “parallelismi metaforici”, delle connotazioni simili ad animali ed infatti “muore come la pastorella maremmana”. Ida è pertanto un “modello di maternità animale”, un modello arcaico ed ancestrale e tutto ciò e per la Morante un grande valore positivo. ( NB: gli animali sono degli innocenti all’interno dello scandalo della Storia ). Ida è solo madre ed è un personaggio innocente perché vicina la mondo animale ma non è una donna vera e matura. Come possiamo notare la Morante denuncia ciò ma tutto è diverso da lei stessa , Ida è totalmente diversa dalla Morante e questo non fa altro che smentire quei critici che vedevano in lei l’alter ego dell’autrice.
Altri personaggi importanti del romanzo sono Nino ed seppe che rappresentano la “speranza del mondo” . Sono una trasfigurazione della realtà della guerra e della drammaticità della vita. In loro si sedimenta la felicità perché protagonisti veri della loro “infanzia”. Però, anche loro sono, nonostante tutto, delle cavie e delle vittime della Storia e sono destinati morire come tutti. Sono destinati a crescere ed a “cambiar volto”, come ad esempio Useppe, ma hanno un destino crudele che li aspetta. L’infanzia quindi è “un’isola felice” ma tutto, al pari della maternità, viene schiacciato dalla Storia e dalla sua crudeltà. Tra questi protagonisti ragazzi, spicca la figura di Davide che è il vero alter ego della Morante, uno dei personaggi più importanti del romanzo, l’unico vero portavoce dell’ideologia dell’autrice che è impregnata di pura “anarchia”.
Davide veicola pertanto il giudizio dell’autrice che denuncia la Storia come un vero scandalo da migliaia di anni ( Storia intesa anche e soprattutto come storia militare ). Questo non è un romanzo anti-fascista anche se ci sono delle critiche precise nei loro confronti. In questo romanzo, ed io direi attraverso questo romanzo, vengono condannate tutte le ideologie perché tutte sono ricollegabili alla violenza, alla sopraffazione, alle ingiustizie sociali che si incontrano nella realtà del mondo.
Dobbiamo anche sottolineare , da parte dell’autrice, una critica prettamente femminista che denuncia una “storia militare” al maschile che uccide la maternità, l’infanzia e tutto il mondo femminile. Una “Storia” al femminile sarebbe stata caratterizzata da pace, tranquillità e da cose opposte dallo “scandalo” maschile e maschilista. Tutto ciò riguardava comunque le tematiche critiche dell’epoca della Morante intorno al suo romanzo ed alla sua ideologia, e quindi al suo carattere anticonformista. Questo è quindi anche un romanzo di stampo femminista! L’obiettivo , portato avanti anche dalla “narratrice senza nome”, è quello di credere che solo nell’anarchia , e con la rinuncia di tutte le ideologie, ci sarà una soluzione vera e completa. Nell’anarchia non esisterà quella Storia intesa come “storia maschile”, come “sede del poter” e quindi come “grande produttrice di guerre, di violenze, di ingiustizie”.
Un altro aspetto importante nel romanzo è la particolare concezione del “tempo”. Il tempo , caratterizzato dalla “fantasia”, è un “tempo dilatato” comunque diverso dal tempo della nostra “Macrostoria” interna al romanzo, dove i tempi e gli spazi sono determinati e crudeli. Useppe, ad esempio, non ha mai una vera nozione del tempo ed il racconto finisce con la “storiella” dello scoiattolo che perde la vera nozione del tempo e riflette sui fatti come se 300 anni fossero soltanto 10 minuti. Abbiamo pertanto delle “zone franche” ed alternative alla crudele realtà, delle vere “isole di vitalità”, abbiamo dei luoghi trasfigurati ed idealizzati utili a sfuggire alla logica crudele della Storia. ( ad es: l’infanzia, la maternità o la “follia” che è rifugio per Ida ).
Conclusioni: Una critica mossa da Fortini poi ripresa da Luperini. La narratrice denuncia lo scandalo della “Storia”, i fatti ed i misfatti delle sue logiche crudele ma… Dove è l’auto-denuncia e l’autocritica? La denuncia della Morante è particolarmente “gridata” dove i “buoni” sono le vittime ed i “cattivi” sono i “politici della guerra”. Ma, alla fine, gli intellettuali dove sono, che posto occupano? Possono ritenersi "super-partes"? Come possono denunciare senza auto-denunciarsi? È infatti un errore per il Fortini il fatto che l’autrice “denunci il tutto standone fuori” , ponendosi pertanto al di sopra.
Autore Guerino Nisticó
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