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Titolo Rubrica : “LA CASA DEI DOGANIERI”:


Pubblicata in data : 9/5/2005



Montale è riuscito a scrivere intense poesie per una o per un’altra donna senza ricorrere agli arcaici “lamenti dei poeti”, alle lo effusioni. Le ultime, le più affettuose e sofferte sono dedicate alla moglie morta. La commozione scaturisce qui da una espressione che quasi sfugge dalla cadenza del verso stesso ma…è ugualmente ricca di musicalità. Più esplicitamente essa si lega alla “venatura romantica” delle rime usate come “doganieri”, “pensieri”, “scogliera”, “sera”.

C’è innanzitutto la c.d. malinconia dell’attacco: “Tu non ricordi…”: Qui c’è qualcosa di dimenticato mentre poi intravediamo e leggiamo nei versi una “casa desolata”, solitaria, “sulla scogliera”, una casa che attende (Nb: tutto è caratterizzato da un profondo senso di abbandono e di rimpianto) . il poeta qui non esprime un desiderio, non dice se ha un particolare sentimento. “Dice soltanto che egli è qui, tra le vecchie mura battute dalle onde, attaccato ad un filo di ricordi; ci vuol dire che non ha altro; le cose e le persone si allontanano nel tempo e nello spazio; essa nemmeno ci ricorda, infatti, quella visita alla casa vuota sul mare”. Tutto ciò rappresenta il tema della poesia. Infatti, per la donna-interlocutrice, quella famosa sera non è nemmeno un ricordo: c’è qualcosa di irrequieto in lei, uno “sciame di pensieri”; la “sosta nella casa vuota sul mare è già dimenticata”. Notiamo bene come il poeta ripete spesso: “Tu non ricordi….Tu non ricordi”.


Per il Nostro, invece, quel ricordo è un vero e proprio appiglio di vita. Anzi se notiamo bene dalle sue parole vi insiste ripetutamente: “Ne tengo ancora a capo…Ne tengo un capo”. Ciò vuol dire che è fortemente attaccato a questo esile filo; ciò significa che la vita non gli offre altro; che è molto difficile trovare per lui un nuovo corso di vita; è difficile trovare un “terreno di fiducia e di sentimenti”. C’è, invece, attorno a lui, il “muoversi impazzito della bussola”; non c’è pietà nelle cose e la “banderuola di rame sul tetto gira senza sosta su se stessa”. Importante è anche notare il fatto che il suono del sorriso di lei che sembrava prima lieto, ora, nel ricordo, appare molto più tenue e mesto. C’era precedentemente un “varco” , un varco di salvezza che i nostro protagonisti poetici cercavano ( NB: ricordiamo anche alcuni versi della poesia “Casa sul mare” :

“Penso…che taluno sovverta ogni disegno / passi di varco”). Il poeta si chiede, infatti, se ci sia ancora, si domanda intorno al proprio desino. Ma, come intravediamo, attraverso la lettura della poesia, tutto ciò che rimane è il semplice sbattere dell’onda sulla costa che scende ripida. Tutto è ormai inesorabile. Per “lei” la sera, che fu molto per “lui”, ed è ancora – egli dice infatti: “la mia sera” – non esiste nemmeno nel ricordo. Non vale ormai nemmeno che egli “guardi chi va e chi viene”. Siamo in una condizione di triste vuoto ed è molto importante rilevare come alla “resa del moto di amarezza contribuisce il ritmo dissimulato” della poesia e “la sua cadenza molto studiata sotto l’apparenza di una prevalente libertà metrica”. ( c’è infatti in questa poesia, almeno da quel che sembra dalla lettura, un ritmo nascosto, una musica sottaciuta che avvolge ).

METRICA: endecasillabi, un settenario, con qualche verso ipermetro, rime e assonanze irregolarmente distribuite.

ANALISI, NOTE, PARAFRASI E COMMENTI:

Prima strofa:
“Tu” : il poeta si rivolge alla sua donna, consapevole già che essa ha dimenticato il tempo felice trascorso con lui nella casa dei doganieri, collocata a strapiombo sulla desolata scogliera ai confini della vita.
“desolata” : la deserta e aspra solitudine di quella casa, ora appare nel ricordo del poeta, ancora più desolata, perché essa attende ancora da quella felice sera lei, che in quella occasione vi entrò con le inquietudini dei suoi pensieri e si soffermò trepidante.
“v’entrò / irrequieto” : questi particolari poetici mettono in risalto una figura femminile alquanto inquieta, “pronta a cercare il varco della salvezza”.

Seconda strofa:
“Libeccio” : il vento di sud-ovest impetuosamente da anni si abbatte (sferza) come una sferza sulle vecchie mura di quella casa, il suono del tuo sorriso non è più felice come allora.
NB: Tutto è ormai perduto, tutto è inesorabile, è inutile dare un senso ed una certa continuità alla vita. C’è qui una consapevolezza che il passato è sempre perduto, spento nel nulla, come ogni cosa umana. Tutto ciò è una cruda realtà per il poeta.
“la bussola” : questo risulta, come sappiamo, un tipico esempio di correlativo oggettivo montaliano. Infatti, qui la bussola è metafora per indicare la sorte ed il destino (dei dadi), l’azzardo e l’insicurezza del vivere, a cui nessun calcolo potrebbe dare un senso.
Cioè ciò ci spiega che non c’è ordine e senso nel corso della vita. Infatti la volontà consapevole (la bussola) viene vanificata dal destino, ed anche il gioco della sorte che un giorno seppe promettere illusioni ora è stato sconvolto dagli eventi perché non c’è più fiducia nel futuro.

“Tu non ricordi” : per questa ragione tu non ricordi quella nostra felicità di un tempo : altre vicende hanno cancellato dalla tua memoria quel ricordo; mentre in me il filo del ricordo (di te) si avvolge su se stesso ( s’addipana ) , cioè, il ricordo di quella sera è come un filo che, dopo essersi sgomitolato, ritorna alla sua matassa, rientra nella 2matassa della memoria globale”.

Terza strofa:
“Ne tengo”: del filo di quella memoria io tengo ancora un capo, avendo ancora la possibilità di rivivere quella esperienza. Ma, purtroppo, quella casa s’allontana di più nella memoria, tanto che, ormai, è appena visibile, in cima a quel suo tetto, la banderuola ( nb: altra metafora importante) che gira senza pietà, inesorabilmente cancellando ogni cosa, in balia dei venti.
NB: il ricordo non ha il potere di fermare il tempo, che deteriora e distrugge ogni memoria; quindi, essa rimane lontana ed isolata per sempre da lui, dal poeta.
“Ne tengo un capo” / “sola”: è vero che io tengo in mano un capo di quel filo di ricordi, ma tu rimani sola, staccata da me, ferma nella tua incomunicabilità, tanto da non poter più essere immaginata lì presente col tuo respiro nell’oscurità della notte.
N.B : “I versi 12-16 suggeriscono un senso struggente di desolazione e di sgomento, un desiderio del poeta di vincere la solitudine, quasi una stoica volontà di vita e d’amore, desiderio che sarà inesorabilmente frustrato”.

Ultima strofa:
“Oh l’orizzonte in fuga” : la vita di quel tempo, quella di quell’amore non è ormai che un miraggio, una illusione, cui la luce della memoria tenta invano di restituire una realtà; sembra un orizzonte in fuga, per l’effetto ottico di una nave petroliera in moto sulla linea in cui il mare ed il cielo si confondono, ed a bordo di essa si accende una luce isolata (rara).
“Il varco è qui?” : il poeta immagina che in quel fanale di bordo della petroliera si possa trovare un varco che gli consenta di fuggire dall’esistenza vana, un vero varco di salvezza. Ma in un disperato tentativo di riconoscimento dei luoghi del suo amore, riesce ad ascoltare soltanto la voce del mare che, ora, come allora,ripullula, ribolle e spumeggia : l’onda impetuosa che si frange sulla scogliera a picco sul mare ( C’è qui un forte richiamo alla realtà).
“tu non ricordi” : per la terza volta il poeta ripete la frase “Tu non ricordi”
E nell’aggiungere la “casa di questa mia sera” egli cerca di dimostrarci che vive ancora, ma in solitudine, di un ricordo ormai lontano, in uno stato di “smarrimento sconsolato”.




Autore Guerino Nisticó

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