Il mio primo incontro con un catojo avvenne il 26 novembre del 2004, quando Teresa, un’amica di Badolato (divenuta in seguito la mia ragazza, n.d.a.), mi invitò a partecipare alla tradizionale festa di Santa Caterina. Della dettagliata anteprima che mi fece, circa le varie fasi della manifestazione, mi incuriosì particolarmente la parte di programma relativa al momento più profano della celebrazione, quello cioè dell’abbuffata nei “catoja”.
Sul momento mi sembrò una cosa divertente e accettai di buon grado. In fin dei conti amo la mia terra e con essa tutti i suoi usi e costumi e quella sarebbe stata un’occasione per arricchire la mia cultura. Per arrivare al dunque, mentre cercavamo un catojo dove cenare, mi ritrovai catapultato in qualcosa che non è facile descrivere a parole; i vicoli del paese avevano preso vita ed erano invasi da odori invitanti e dal vociare allegro di una miriade di persone intenzionate veramente a divertirsi ed a socializzare. Di lì a poco, appena trovato posto, gli odori si materializzarono in squisite portate di piatti tradizionali, tra cui “frittoli, posirha e cicori, zippoli cu l’alici, ventrisca e sarzizzi arrustuti”, il tutto ben accompagnato da un ottimo vino di Badolato. MAMMA MIA CHI PARADISU!!!
Ero contagiato da una sorta di euforia che pervadeva l’aria rendendo l’atmosfera calda e accogliente, al punto tale che mi ritrovai a cenare nella grotta del catojo, allo stesso tavolo di gente arrivata sin da Vibo Valentia, con cui si discorse per tutta la sera come se fossero stati amici di lunga data. Folgorato dalla magia della serata, il giorno seguente convinsi l’incredula Teresa a darmi un aiuto nella ricerca di quello che alcuni mesi dopo, divenne il mio “catojo”.
Già, infatti, dopo mille peripezie e dopo chilometri di strade e gradini, e grazie ai preziosissimi consigli di Teresa e della sua famiglia, finalmente l’ho trovato e sono divenuto proprietario di un catojo tipicamente badolatese. Ma a questo punto si apre un nuovo capitolo di questa dolce fiaba ambientata nel meraviglioso borgo di Badolato. Infatti, il mio acquisto, non si poteva certo definire “chiavi in mano”, poiché le condizioni abitative del catojo erano tutt’altro che lusinghiere.
Così che, armato di una buona dose di pazienza, ettolitri di olio di gomito, aiutato da amici e parenti (grazie infinite!!!), che di volta in volta si avvicendavano nel lavoro, mi sono scoperto muratore, falegname, restauratore e dopo un paio di settimane, sono riuscito a realizzare il mio sogno di possedere un catojo a Badolato.
Più che altro, la mia testimonianza vuole evidenziare il fatto che al di là del concetto meramente materiale di catojo, inteso come luogo di ritrovo e di svago, l’immagine che meglio descrive l’idea è quella di un potente catalizzatore dei sentimenti di amicizia ed accoglienza, che a loro volta risultano essere la quintessenza della filosofia dello stesso. Per esperienza personale, posso senza alcun dubbio affermare che è raro vedere persone di paesi differenti, e delle età più disparate, socializzare ed affiatarsi nel giro di pochi istanti per poi instaurare una sincera confidenza destinata a perdurare nel tempo. E’ questo l’incantesimo di un catojo!
A mio modesto parere, a tale prima prerogativa, c’è un’altra importante qualità da dover ascrivere al concetto di catojo. Nel mio immaginario, infatti, mi piace pensare al catoio come ad una cassaforte, dentro la quale vengono custoditi intatti ed inalterati, i valori, i costumi, i sapori, le musiche e le tradizioni. Sicuramente, in tutto questo vi è anche la volontà e l’orgoglio popolare di voler mantenere viva la storia del proprio paese, e in Badolato tali impulsi sono più marcati che altrove nel nostro comprensorio, basta fare una passeggiata nel borgo per comprendere ciò che intendo… soprattutto in questo periodo natalizio!
In definitiva, un “catojo” in Badolato, è ben altra cosa di un catojo in un paese diverso da Badolato. E non dimenticate mai che: “il catojo è un amico pieno di amici!”
Autore : Nico Casadonte
Ultimo aggiornamento di questa pagina : 20/1/2007
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