Un viaggio attraverso il mondo della dis-informazione
“Attentato!si tratta di attentato”… Beppe Braida, comico in forza allo Zelig, attraverso questo sketch ha sollevato una questione di straordinaria attualità. Di che cosa stiamo parlando? Il fenomeno, definito dai sociologi della comunicazione “Agenda setting”, descrive un comportamento tanto assurdo quanto ormai incarnato all’interno del mondo dell’informazione: la manipolazione delle informazioni da parte degli organismi giornalistici. Ma andiamo per ordine: noi sappiamo che è praticamente impossibile raccontare la verità dei fatti in quanto qualsiasi evento giunge ai nostri occhi attraverso il filtro della soggettività (in questo senso la deontologia giornalistica parla di verità sostanziale); un giornalista dunque fra le sue prime qualità deve possedere l’obiettività ovvero il dovere di riferire i fatti con onestà e completezza, senza omissioni, raccogliendo le varie testimonianze e registrando le differenti versioni. In più deve preoccuparsi sempre di fornire informazioni che siano pubblicamente controllabili (vale a dire verificabili da chiunque ne voglia attestare la veridicità). Trovare “giornalisti obiettivi” oggi è abbastanza difficile in quanto molti di questi operano un lavoro certosino di smontaggio e montaggio delle informazioni in modo da poter volgere la notizia a proprio favore cercando di renderla sempre più avvincente ed invogliare lo spettatore/lettore a scegliere il proprio prodotto. E se questo vuol dire ricorrere a mezzi a dir poco discutibili non importa, ciò che conta di più è vendere, vendere, vendere. In questo senso i sociologi della comunicazione si muovono su due strade diametralmente opposte. La prima fazione sostanzialmente ottimista vede la società industriale come figlia del progresso, una società “di massa” per la quale è possibile liberamente accedere a qualunque tipo d’informazione, che contribuisce ad attenuare le barriere fra le diverse classi sociali e a formare un’opinione pubblica più consapevole; la seconda posizione, sostanzialmente pessimista, considera invece la società di massa come un processo degenerativo dove questa viene rappresentata come un’organizzazione mirata al soddisfacimento delle esigenze di produzione; elemento centrale della critica diviene allora la convinzione che i mass media vengano utilizzati come elemento di propaganda. Lo scettro dei “manipolatori” è da assegnare senza dubbio ai giornalisti politici definiti quali i maghi del “collage informativo”, ma non dobbiamo meravigliarci se riscontriamo alterazioni in articoli di cronaca o addirittura di sport e spettacolo.
Entrambe le posizioni, che Umberto Eco definisce rispettivamente “Integrate e apocalittiche”, finiscono per condividere però una stessa concezione dei media, visti come agenti di effetti forti, e una stessa concezione del pubblico come entità indifferenziata e di fatto passiva di un’influenza diretta degli organismi d’informazione. Il fruitore dell’informazione, ignaro, acquisisce per vero tutto ciò che gli viene raccontato: vittima illustre di questa “spirale della menzogna” è infatti tutto il pubblico degli spettatori/lettori i quali subiscono ogni giorno la versione distorta del mondo perdendo di fatto il diritto ad essere informati su ciò che “realmente accade” sul nostro pianeta. Si tratta dunque di una strada senza uscita dove l’unico barlume di luce proviene dalla nostra coscienza che può e deve essere più critica di fronte al prodotto-notizia che ci viene offerto cercando di riuscire a risalire il più possibile all’origine della notizia cogliendone l’essenza nonostante alcuni pseudo-giornalisti che, in nome di “sua maestà denaro”, nostro governatore indiscusso, tentano di distoglierci dalla verità.
Autore : Giusy Scarpino
Ultimo aggiornamento di questa pagina : 29/4/2005
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