Buenos Aires, 30 ottobre 1960. Diego Armando Maradona è annoverato tra i più grandi calciatori di tutti i tempi e contende a Pelè la palma di numero uno. Le sue invenzioni sul campo da gioco, a capacità di prevedere le mosse degli avversari e il diabolico tocco di sinistro ne hanno fatto un artista del calcio e un esempio unico di genio sportivo. Maradona, di cui si narra che già a due anni riuscisse a palleggiare con le arance, tira i primi calci a un pallone a Lanùs, nel quartiere povero di Villa Fiorito, zona periferica e degradata. Il calcio rappresenta una delle vie di fuga dalla strada e dalla miseria più nera; «Dieguito» inizia così a giocare nelle Cebollitas, la squadra giovanile dell'Argentinos Juniors, mettendo subito in evidenza doti di leader e spirito di sacrificio. Non ancora sedicenne, approda alla massima serie argentina con la maglia dell'Argentinos Juniors. A diciassette anni Diego debutta nella Nazionale argentina contro l'Ungheria; tuttavia, a causa della giovane età, non viene convocato al mondiale di Argentina del 1978. Meno di un anno dopo guida la Nazionale giovanile alla conquista della coppa del mondo in Giappone,nel 1981, si trasferisce al Boca Juniors consacrandosi campione d'Argentina.
Ormai il suo nome e le sue funamboliche gesta hanno varcato i confini del Sudamerica, tanto da venir chiamato alla corte del Barcellona, dove resterà per due anni. Tredici mesi dopo, il più brutto infortunio della sua carriera: la frattura della caviglia sinistra e la rottura del legamento. Dopo il recupero, nel 1984, si trasferisce nel club della sua storia il Napoli, città che verrà ricordata come il palcoscenico delle sue migliori performance agonistiche e con la quale svilupperà un feeling indimenticabile. È lui il calciatore che fa la differenza e riesce a portare la squadra partenopea nell'Olimpo del calcio italiano, da sempre dominato dalle compagini del nord. In meno di due stagioni Maradona regala il primo scudetto a Napoli (1986/87, con il corredo della Coppa Italia), che lo assurge a simbolo di riscatto per l'intera città: Diego è un fenomeno sociale, oltre che sportivo. Il momento di massimo splendore tecnico e agonistico Maradona lo raggiunge nel corso dei mondiali di Messico 1986: nel corso della competizione guida la Nazionale argentina al successo quasi da solo. Nei quarti di finale contro l'Inghilterra mette a segno due goal entrati nella storia dello sport: il primo lo realizza spingendo la palla in rete con la mano, (“la mano de Dios”) beffando avversari e arbitro; il secondo con uno straordinario slalom da metà campo, e quest'ultimo goal viene scelto in seguito come la più bella realizzazione della storia del calcio. Il 29 giugno Diego alza al cielo la coppa del mondo, dopo una rocambolesca finale con la Germania Ovest (3-2 il risultato finale). Il Napoli conquista anche la Coppa Uefa (1989) e un secondo scudetto (1990).Il 1990 è anche l'anno del mondiale italiano, in cui Diego conduce l'Argentina alla finale di Roma, persa 1-0 contro la Germania Ovest (abbandonerà il terreno in lacrime). Solo sette mesi più tardi il «Pibe de Oro» viene trovato positivo a un controllo antidoping (cocaina) e squalificato per quindici mesi. È l'inizio del tramonto calcistico e umano. Reduce dalla squalifica per uso di sostanze non consentite, torna allora al Boca Juniors. Nel mondiale Usa 1994 gioca due partite come capitano della Nazionale argentina. Ma viene trovato positivo all'efedrina, sostanza vietata dalla Fifa, ed è costretto ad abbandonare la competizione. Giocherà la sua ultima partita con il Boca in occasione del suo trentasettesimo compleanno, il 30 ottobre 1997. Nel 1990 viene nominato ambasciatore dello sport e premiato come «Maestro ispiratore di Sogni» dall'Università di Oxford. Il mito del grande Diego non può svanire mai ed il calcio spettacolo che ha deliziato tutte le platee del mondo non è altro che la lampante dimostrazione che il “Pibe” in campo non era un semplice giocatore, non era un semplice uomo, ma un vero e proprio extraterrestre del calcio. Riuscì ad unire in sé l'anima pura e positiva dello sportivo con quella a tinte fosche dell'uomo che, nel privato, non ha saputo mettere a frutto le energie dimostrate in campo. Grandi vittorie e gesti discutibili, fama e disonore, miseria e denaro, impegno e declino: la sua parabola sportiva raccoglie i momenti tipici del giocatore «tutto genio e sregolatezza» . Il 30 ottobre 2005 a Napoli è in programma la partita d’addio al San Paolo, la sua “casa”. Napoli si sta già preparando a riaccogliere il suo “Figliuol prodigo “ con una notte carica di emozioni e pathos per colui che, secondo me, era e rimarrà per sempre il più “Grande calciatore di tutti i tempi”. << Nessuno può permettersi di giudicare la vita di un'altra persona, e tantomeno la difficile vita di Maradona. Ma chiunque può permettersi di giudicare quello che ha fatto sui campi di calcio di tutto il mondo. E saremo sempre tutti d'accordo nel dire che quello che ha fatto sul terreno di gioco è davvero qualcosa di unico e indimenticabile. GRAZIE, DIEGO >>.
Autore : Gianni Rossino
Ultimo aggiornamento di questa pagina : 29/4/2005
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