Inserita il 28/04/2008
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Delitto Cavallo. Resta in carcere il presunto killer. Alla teste si aggiungono due collaboratori di giustizia
«Fu incaricato di aiutare latitanti e trasportare armi»
di ANTONIO ANASTASI
ALLE DICHIARAZIONI della teste oculare, la sorella della vittima, si aggiungono quelle di due pentiti che riferiscono che il ventenne fermato per il delitto Cavallo era un uomo del clan Megna, dedito ad aiutare i latitanti che si nascondevano nel quartiere Papanice. Vent’anni appena, insomma, e il “gregario” sale di grado nella gerarchia della ‘ndrangheta diventando killer e uomo di fiducia del boss. E’ lo scenario descritto
nell’ordinanza di custodia cautelare che conferma la misura in carcere per Andrea Corrado, il giovane accusato dell’omicidio di Giuseppe Cavallo, il 27enne ucciso nel primo pomeriggio del 25 marzo scorso a Papanice.
Un delitto che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, è da inquadrare come una risposta all’agguato, avvenuto soltanto due giorni prima, nel quale fu assassinato Luca Megna e rimase gravemente ferita la
figlioletta di cinque anni. Il provvedimento è stato firmato dal giudice distrettuale delle indagini preliminari
Adriana Pezzo su richiesta del sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Sandro Dolce. Al giovane, che il 9 aprile scorso era stato sottoposto a fermo (successivamente convalidato) dalla polizia, vengono contestate le accuse di omicidio volontario, tentato omicidio della moglie e del figlio di 3 anni che al momento
dell’agguato si trovavano in auto con Cavallo, detenzione e porto in luogo pubblico dell’arma del delitto.
Accuse aggravate dalle modalità mafiose, in base ai nuovi elementi raccolti dagli inquirenti che consentono di ricondurre Corrado alla cosca capeggiata da Luca Megna che sarebbe in guerra con quella guidata da Leo Russelli, essendo in atto una scissione nel clan dei Papaniciari.
Alla testimonianza della sorella di Cavallo, che nell’immediatezza del fatto di sangue riconobbe Corrado,
sebbene incappucciato, dagli occhi a mandorla e dalla caratteristica andatura “saltellante”, si sono aggiunte, dunque, le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Luigi Bonaventura e Vincenzo Marino.
Bonaventura ha rivelato che Corrado, detto Nuccio, era ritenuto da Luca Megna un soggetto molto affidabile
tanto che il suo compito era quello di fornire supporto logistico al pentito nel periodo in cui si era dato alla latitanza nascondendosi proprio a Papanice.
«Si occupava di farmi arrivare i viveri e restava a dormire là dov'ero alloggiato - ha detto il collaborante - era
un ragazzo molto attivo, che loro consideravano molto, che se si doveva portare qualcuno per ammazzare qualcuno confidavano molto su questo Nuccio». Il pentito ha affermato di essere presente in un ’occasione in cui «gli veniva data una pistola per portarla da una parte all’altra».
Marino ha definito Corrado «molto vicino a Luca Megna» e ha confermato che «curò la latitanza di Luigi Bonaventura » su incarico dello stesso Megna: «Veniva, ci portava il mangiare, stava con noi». Marino, inoltre, ha rivelato che Megna avrebbe ordinato a Corrado di dare a Bonaventura una pistola calibro 9 Lugher, lo stesso tipo di arma usata per il delitto Cavallo.
Tratto da www.ilquotidianodellacalabria.it
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