Dopo le armi spuntano le bombe

 

Inserita il 17/05/2008

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Armati fino ai denti, ma non solo. Dopo il ritrovamento di arsenali degni di un esercito in guerra, si scopre che Papanice è una vera e propria polveriera. Come testimonia l’ultima operazione della squadra Mobile di Crotone che giovedì mattina ha rinvenuto ordigni esplosivi pronti per l’uso e tritolo per confezionarne un’altra miriade.

Materiale che era nascosto in un piccolo magazzino nel centro abitato della frazione, a pochi metri dal pub che fu sequestrato dalla magistratura a Luca Megna un paio di anni addietro. A scovarlo sono stati gli investigatori della squadra Mobile, diretti dal vice questore Angelo Morabito e dal commissario Cataldo Pignataro, con gli uomini del Servizio centrale operativo e del Servizio di polizia scientifica di Roma che giovedì mattina erano impegnati nell’ennesimo servizio di controllo tra Papanice e dintorni.

Quando gli agenti sono entrati nel magazzino, l’unità cinofila antiesplosivi si è subito soffermata su alcuni sacchi di plastica confusi tra pneumatici ed altre cianfrusaglie ammassate nel locale. Non c’è voluto molto a capire che dentro c’era materiale esplodente. In particolare alcuni cilindri d’acciaio, lunghi una ventina di centimetri, con polvere esplosiva, micce, detonatori e 31 cartucce calibro 7,65.


A quel punto, era già mezzogiorno, l’operazione è stata bloccata. Lanciato l’allarme al Dipartimento di pubblica sicurezza, in meno di un’ora un artificiere della Polizia di Stato è stato prelevato a Reggio Calabria con un elicottero e depositato nella frazione dove gli ordigni sono stati messi in sicurezza. Solo nel tardo pomeriggio, quindi, è stato possibile fare l’inventario. Dai sacchi è spuntata una pipe-bomb (bomba tubo), un cilindro d’acciaio pieno di polvere esplosiva, simile nell’aspetto agli ordigni usati dal famigerato ‘Unabomber’, ma completo di miccia e potenziato con un detonatore, chiuso alle due estremità con tappi metallici a vite, già pronto per l’uso: occorreva solo piazzarlo e accendere il cerino.

C’erano, inoltre, altri tre tubi identici il cui confezionamento non era stato ancora completato e, infine, un chilo e duecento grammi di polvere esplosiva, probabilmente ricavata da ordigni bellici, mista a tritolo; materiale sufficiente, secondo gli esperti della Scientifica, a confezionare altre venti pipe-bomb.

Una polveriera, insomma, che ha cacciato in un mare di guai l’uomo che materialmente aveva la disponibilità del piccolo magazzino; si tratta di Michele Aracri, 68 anni, imprenditore boschivo di Papanice, neppure un’ombra sulla fedina penale, che in serata è stato arrestato con l’accusa di detenzione illegale di materiale esplodente aggravata dalle modalità mafiose. Michele Aracri è il padre di Rocco Aracri, un 24enne che sebbene incensurato è ritenuto molto vicino alla cosca capeggiata da Leo Russelli, rivale del clan di Luca Megna, arrestato lo scorso 1 maggio dalla Mobile che lo ha trovato in possesso di un vero e proprio arsenale: due fucili da caccia calibro 12; un Kalashnikov AK47 con relativo caricatore; un mitragliatore d’assalto Heckler & Koch calibro 9x19 con caricatore e 4 colpi; una mitraglietta Skorpion con due caricatori; due revolver; una pistola calibro 9x21 Beretta; un pugnale con la lama di venti centimetri; un mephisto nero; una fondina per pistola; un marsupio e, soprattutto, un migliaio di munizioni di vari calibri.

Proiettili, come quelli per le armi calibro 12 e calibro 9, che sembrano decisamente simili a quelli utilizzati nell’agguato contro Luca Megna e la sua famiglia.

A chi era destinato l’esplosivo trovato a Papanice?

A questo interrogativo per ora gli inquirenti non danno risposta. Probabilmente faceva parte della dotazione delle cosche che lo usavano per compiere attentati e danneggiamenti, soprattutto di natura estorsiva. E tuttavia la potenza distruttiva di una pipe-bomb, capace - secondo quanto hanno spiegato gli specialisti della Scientifica - di far saltare in aria anche un’auto blindata, ha dato subito corpo anche ad ipotesi ben più allarmanti. Come quella, circolata poche ore dopo la scoperta, secondo la quale le cosche stavano preparando un agguato in grande stile al sostituto procuratore Pierpaolo Bruni, applicato alla Dda di Catanzaro, titolare di numerose indagini sulla criminalità organizzata del crotonese.

Tratto da: www.ilcrotonese.it del venerdì 16 maggio 2008


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