Scomparso da Crotone

 

Inserita il 09/12/2009

News
I carabinieri indagano a vasto raggio e non escludono nessuna ipotesi
È l’ex marito di una sorella del boss ucciso a Pasqua 2008

di ANTONIO ANASTASI
CROTONE - Da una settimana non si hanno più notizie di Armando Le Rose, un trentatreenne pressoché sconosciuto alle forze dell'ordine se non per il fatto che è l'ex marito di una sorella di Luca Megna, il boss ucciso la vigilia di Pasqua del 2008. Missing. Scomparso nel nulla.

E' stata la madre a rivolgersi ai carabinieri, affranta, perché avviassero le ricerche. Il giovane, muratore, si era trasferito a Cirò Marina dove viveva con una donna straniera dalla quale pare avesse avuto un figlio. I rapporti con la famiglia Megna erano ormai interrotti da tempo. Gli investigatori dell'Arma ci vanno con i piedi di piombo e non escludono immediatamente nessun'ipotesi, compresa quella di un allontanamento volontario.

Ma sembra davvero strano che il giovane sia svanito senza avvertire i suoi familiari. Da qui a sbilanciarsi per affermare che il contesto in cui è maturata la scomparsa sia un contesto di 'ndrangheta ce ne corre. Ma anche questo percorso di interpretazione non viene escluso. Non c'è nessun elemento, comunque, per ricondurre la scomparsa alla precedente relazione di Le Rose, gli investigatori tengono a sottolinearlo. Intanto, l'angoscia cresce nella famiglia dello scomparso.

La tecnica della “lupara bianca” viene usata spesso dalla criminalità organizzata del Crotonese per eliminare i propri nemici, anche se l'ipotesi più nera viene per il momentoscartata dagli inquirenti. La cui attenzione nella giornata di ieri si era appuntata su un'altra scomparsa, quella di un tossicodipendente, il cui allontanamento era stato segnalato alle forze dell'ordine, anche se poi ha fatto rientro a casa.

Quindi, a Crotone, di scomparsi ce n'è uno. I carabinieri stanno cercando anche di capire se ci siano eventuali legami con la faida del quartiere paese che a cavallo delle festività pasquali dello scorso anno seminò tre morti in cinque giorni. Proprio nelle scorse settimane una vittima scampata a quella catena di omicidi, la piccola Gaia, è tornata a casa. Era rimasta ferita gravemente nell'agguato costato la vita al padre, il presunto boss Luca Megna.

Frequenta la scuola elementare, in un istituto cittadino, dopo la trafila in vari ospedali in Lombardia e una terapia riabilitativa. Ha qualche difficoltà e una vita normale non potrà averla dopo quella tragica vigilia di Pasqua del 2008. Fu il primo dei delitti della faida di Papanice, il quartiere paese che nel giro di due giorni si macchiò del sangue fatto da due omicidi fotocopia.

Luca Megna era su un'auto Fiat “Panda” insieme alla moglie e alla piccola e rincasava. La risposta a quell'agguato fu l'assassinio di Giuseppe Cavallo, commesso a poche centinaia di metri dal primo delitto. Le vittime appartenevano a due fazioni avverse, la prima delle quali avrebbe fatto capo proprio a Luca Megna, figlio del boss Domenico (quello che dal carcere inviò segnali di pace); la seconda, negli ultimi tempi, faceva da autista al presunto leader del gruppo avverso, Leo Russelli, arrestato a Imola nel luglio 2008 per mafia ed estorsioni e indagato per il delitto Megna.

Secondo gli inquirenti non è un caso che anche in occasione del secondo delitto i killer abbiano sparato contro tre obiettivi. Cavallo, infatti, era insieme alla moglie, Rosa Russelli, ferita in modo lieve e al figlioletto di tre anni rimasto miracolosamente illeso. Il piccolo sedeva al lato del passeggero e contro l'autista della Opel "Corsa" furono sparati numerosi colpi al capo, al volto e all'addome. Secondo gli inquirenti il fatto che sia stato risparmiato il bimbo, stavolta, aveva un significato preciso nel codice 'ndranghetista.

I Megna volevano far sapere che loro i bambini non li toccano. Ma la 'ndrangheta del Crotonese è tra le più sanguinarie e spara anche ai più piccoli. Nel giugno scorso un bimbo diundici anni è stato gravemente ferito in un altro agguato dimafia, mentre giocava a calcetto: un uomo è stato ucciso, al campetto di Margherita, e lui è spirato dopo tre mesi di coma. L’altro delitto da inserire, sempre secondo gli inquirenti, nella faida è quello di Francesco Capicchiano, avvenuto a Isola Capo Rizzuto a cinque giorni dall’omicidio Megna.

Tratto da ilquotidianodellacalabria.it



Autore: fausto

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