Inserita il 18/12/2009
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«Chiunque sappia, ci contatti»
L’angoscia della madre: «Spero che mio figlio sia vivo. Non aveva nemici»
di ANTONIO ANASTASI
«SPERO che mio figlio sia vivo e chiedo a chiunque sappia qualcosa di avvertirci». I cellulari da contattare: 3295651080 e 360673684. A parlare, con la voce rotta dal dolore, è Fortunata Garoglio, la mamma di Armando Le Rose, il trentatreenne originario del quartiere Papanice di Crotone del quale non si hanno più notizie da due settimane.
Missing.
Scomparso nel nulla. «E' un bravo ragazzo, lavora come muratore. ACirò Marina si era trasferito da circa due anni. Non aveva nemici».
Le Rose, prima della denuncia della scomparsa da parte dei familiari, alle forze dell'ordine era conosciuto più che altro per il fatto che è l'ex cognato di Luca Megna, il boss ucciso la vigilia di Pasqua del 2008. Da Rosita Megna, sorella della vittima della faida di Papanice, il giovane scomparso aveva avuto due figli. E' stata la madre di Le Rose a rivolgersi ai carabinieri, affranta, perché avviassero le ricerche due settimane fa.
La ragazza con la quale ha «una relazione seria», residente nella zona in cui si è trasferito, non riusciva a raggiungerlo al cellulare e telefonò alla signora Garoglio.Da quelmomentol'angoscia non è mai venuta meno in casa Le Rose. Il fratello dello scomparso, Nicola, tiene a precisare che «Armando non aveva relazioni con ragazze straniere e non aveva altri figli se non quelli nati dal matrimonio».
«Lo dobbiamo trovare», rincara la dose la madre. Ma la famiglia Le Rose è in partenza: sta per allontanarsi dal Crotonese, temporaneamente, forse alla ricerca di qualcosa, un indizio, forse alla ricerca di serenità. Intanto, gli investigatori dell'Arma ci vanno con i piedi di piombo e non escludono immediatamente nessun'ipotesi, compresa quella di un allontanamento volontario.
Ma sembra davvero anomalo che il giovane sia svanito senza avvertire i suoi familiari. Da qui a sbilanciarsi per affermare che il contesto in cui è maturata la scomparsa sia un contesto di 'ndrangheta ce ne corre. Ma anche questo percorso di interpretazione non viene escluso. Non c'è nessun elemento, comunque, per ricondurre la scomparsa alla precedente relazione di Le Rose, gli investigatori tengono a sottolinearlo.
La tecnica della lupara bianca viene usata spesso dalla criminalità organizzata del Crotonese per eliminare i propri nemici, e l'ipotesi più nera nonviene, per il momento, scartata dagli inquirenti. I carabinieri stanno cercando anche di capire se ci siano eventuali legami con la faida del quartiere Paese che a cavallo delle festività pasquali dello scorso anno seminò tre morti in cinque giorni. Proprio nelle scorse settimana una vittima scampata a quella catena di omicidi, la piccola Gaia, è tornata a casa.
Era rimasta ferita gravemente nell'agguato costato la vita al padre, il presunto boss Luca Megna. Frequenta la scuola elementare, in un istituto cittadino, dopo la trafila in vari ospedali in Lombardia e una terapia riabilitativa. Ha qualche difficoltà e una vita normale non potrà averla dopo quella tragica vigilia di Pasqua del 2008. Fu il primo dei delitti della faida di Papanice, il quartiere paese che nel giro di due giorni si macchiò del sangue fatto da due omicidi fotocopia.
Luca Megna era su un'auto Fiat “Panda” insieme alla moglie e alla piccola e rincasava. La risposta a quell'agguato fu l'assassinio di Giuseppe Cavallo, commesso a poche centinaia di metri dal primo delitto. Le vittime appartenevano a due fazioni avverse, la prima delle quali avrebbe fatto capo proprio a Luca Megna, figlio del boss Domenico (quello che dal carcere inviò segnali di pace); la seconda, negli ultimi tempi, faceva da autista al presunto leader del gruppo avverso, Leo Russelli, arrestato a Imola nel luglio 2008 per mafia ed estorsioni e indagato per il delitto Megna.
Secondo gli inquirenti non è un caso che anche in occasione del secondo delitto i killer abbiano sparato contro tre obiettivi. Cavallo, infatti, era insieme alla moglie, Rosa Russelli, ferita in modo lieve e al figlioletto di tre anni rimasto miracolosamente illeso. Il piccolo sedeva al lato del passeggero e contro l'autista della Opel "Corsa" furono sparati numerosi colpi al capo, al volto e all'addome. Secondo gli inquirenti il fatto che sia stato risparmiato il bimbo, stavolta, aveva un significato preciso nel codice 'ndranghetista.
I Megna volevano far sapere che loro i bambini non li toccano. Ma la 'ndrangheta del Crotonese è tra le più sanguinarie e spara anche ai più piccoli. Nel giugno scorso un bimbo di undici anni è stato gravemente ferito in un altro agguato di mafia, mentre giocava a calcetto: un uomo è stato ucciso, al campetto di Margherita, e lui è spirato dopo tre mesi di coma.
Tratto da ilquotidianodellacalabria.it
Autore: f
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